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Dybala dissolve la tragicomica tenebrìa della Roma

Roma-Torino 1-1

printDi :: 16 novembre 2022 14:50
Dybala dissolve la tragicomica tenebrìa della Roma

(AGR) Gli ulteriori due punti persi in casa allontanano la Roma dalle posizioni di testa ma non la tagliano fuori dagli obiettivi che si è posta, piuttosto la obbligano, alla ripresa del campionato, ad una rincorsa sfiancante che potrebbe non colmare la distanza che la separa dal quarto posto utile per la Champions League, visto che, dopo la pausa del mondiale, anche le altre squadre torneranno in campo con le energie totalmente recuperate, pronte a dare battaglia, magari avendo rinnovato il proprio parco-giocatori con nuovi arrivi.

Nell’analizzare l’andamento in campionato della Roma, non si può non considerare che a causa della lunga indisponibilità degli arrivati con l’ultimo mercato dei trasferimenti, e degli infortuni occorsi strada facendo a qualcuno dei ‘vecchi’, la Roma si è vista obbligata a utilizzare più o meno la stessa rosa della scorsa stagione, peraltro indebolita dalle partenze di Veretout, Mkhitaryan e Frattesi. Di conseguenza, la prospettiva che aveva davanti poteva arrivare fino all’interruzione, non andare oltre il ‘vediamo di arrivare alla pausa-Qatar cercando di restare nella scia del gruppo di testa’.

 
Nel contesto della serie A del dopo-Qatar, e posto sempre che abbia la volontà di farlo, è sicuro che le partite della Roma dovranno essere giocate ragionando in modo diverso rispetto a quelle del pre-Qatar.

Agli antipodi della prospettiva ex-ante, limitata e circoscritta per le ragioni accennate, in quella ex-post nella quale si muoverà a partire dalla prima partita post-mondiale, la Roma dovrà passare al ‘è ora di gettare la maschera, di darci dentro per arrivare almeno a vincere un trofeo o, quantomeno, arrivare al quarto posto’.

Della partita in sé c’è poco da dire: per settanta minuti, da parte romanista si è visto pressoché il nulla, risultato di non si sa bene cosa: organico di seconda o terza scelta? Allenamenti non sufficienti o svolti male? Troppi impegni ravvicinati? Diatribe di spogliatoio? Conduzione tecnica inadeguata? Mah!

Per larghi tratti è stato il Torino a menare le danze: già nel primo tempo contiamo due occasioni da goal a suo credito… Al 24’ c’è un angolo per la Roma, Ricci colpisce di testa e il pallone gli finisce sul braccio, l’arbitro Rapuano, lì nei pressi, fischia rigore e indica il dischetto: possibile che questo qua abbia fischiato? Visti i precedenti (Ammonizione (la seconda) inventata di Pellegrini in Roma-Udinese della scorsa stagione che costò l’espulsione del capitano giallorosso e la sua conseguente non presenza nel derby…) e i pasticci che sta combinando in campo (falli torinisti non visti o ignorati, inversioni di punizioni…) l’assegnazione del rigore sembra impossibile! Infatti, a preparativi in corso, arrivano i nostri: Rapuano viene chiamato al VAR (Nasca e Guida) e il rigore viene trasformato in rimessa dal fondo.

Non resta, a questo punto, che prendere atto dell’ennesima manfrina ai danni della Roma e annotarla sul nostro taccuino. Ci rimangono alcuni dubbi atroci: esistono o non esistono la volontarietà e l’involontarietà o sono solo concetti astratti?

All’andata al riposo, a fronte degli otto tiri in porta dei granata, la Roma era riuscita a effettuarne solo uno: pochino se vuoi arrivare in Champions League…

Per buona parte della ripresa il ritornello si ripete: romanisti a perdere palloni, anche banalmente, nelle zone nevralgiche del centrocampo, granata, invece, a tutto vapore, pateticamente inseguiti da questo o quel giallorosso. Lucido e veloce nei disimpegni, il Torino concede ben poco alla balbettante Roma, incapace, a volte, di mettere insieme una sequenza di tre passaggi consecutivi.

Se il Torino imbriglia la Roma il merito è anche, soprattutto direi, di mr. Juric, allenatore di categoria superiore, che riesce a trasmettere la sua filosofia di gioco alle squadre che allena, fino a trasformarle in un cocktail di velocità, chiarezza di schemi, voglia di vincere o comunque, in situazioni negative, a non darsi mai per vinti. Ricordiamo, tanto per restare alle sue esperienze più recenti, il suo bellissimo Hellas Verona di qualche stagione fa, e ora questo Torino che, per niente in soggezione, è andato avanti a macinare gioco, a volte facendo sparire la Roma dalla scena, con semplicità quasi irrisoria, tale comunque da lasciare interdetti i ‘soliti’ sessantamila e passa presenti sugli spalti.

Il vantaggio granata, meritato, arriva il 55’ quando, su preciso cross di Singo, Linetty arriva puntuale in elevazione e, di testa, insacca. Olimpico muto, ma di questi tempi capita spesso.

Ci si è chiesti, più o meno per tutta la partita, se la Roma avesse non già la voglia di vincere, ma quella di giocare, ed ora erano le cose, cioè la situazione di svantaggio, che avrebbero dato una risposta definitiva alle perplessità, che tuttavia, più che essere dissipate, andavano confermandosi, vista la lentezza, il non arrivare su questo o quel pallone, il perdere duelli nell’uno contro uno dei giallorossi, che sembravano non avere mai fine.

La Roma? Settanta minuti di tenebrìa, tragicomica per la facilità con cui i granata irrompevano nella sua trequarti difensiva, mandando i difensori a farfalle, con incursioni che, fortunatamente per la tifoseria romanista, hanno avuto esito negativo.

Poi, forse accorgendosi di avere un fuoriclasse in panchina, e magari rendendosi conto che avrebbe potuto schierarlo anche da inizio ripresa, così avendo la possibilità di cancellare quel pessimo primo tempo, al 70’ Mourinho manda dentro Dybala al posto di Zalewski e Tahirovic, svedese, al suo esordio, per Cristante.

Con l’ingresso dell’argentino, la partita cambia: la Roma sembra essersi svegliata di colpo, l’Olimpico capisce e si rianima. Forcing della Roma, tutti sotto a spingere. All’89’ fallo leggero di Tahirovic non certo da ammonizione ma Rapuano chissà cosa ha visto e rifila il giallo al ragazzo, Mourinho protesta e il fischietto riminese non perdona: rosso e fuori lo ‘special one’. Il rosso al mister giallorosso è senz’altro esagerato: andatevi a vedere le proteste, quelle sì veementi, di allenatori che nella nostra serie A attualmente vanno per la maggiore, e vi renderete conto di quanto quel rosso a Mourinho sia ridicolo.

Non vogliamo certo pensare che il mister sia sistematicamente preso di mira (ma perché, poi?), tuttavia il comportamento di certi arbitri indurrebbe a pensare esattamente il contrario: ci riferiamo oltre che alle proteste, anche al mancato rispetto, da parte di diversi allenatori anche di primo piano, della regola che impone ai trainer di non uscire dal recinto, tratteggiato e ben visibile, riservato alla propria squadra. Per questa mancanza, nella quale peraltro è incorso rare volte, a Mourinho è stato ‘regalato’ il giallo: mentre ad altri coach, è andata di lusso, nel senso che non sono mai incorsi in richiami o ammonizioni di alcun genere, anche quando la trasgressione era evidente, né da parte degli assistenti di linea né da parte del quarto uomo, né, tantomeno, da parte dell’arbitro, sembrando costoro non essersi accorti di nulla.

Anche qui, le immagini parlano per noi: rimane un mistero come sia possibile che arbitro, guardalinee e quarto uomo non si accorgano che, durante la partita, la striscia di campo oltre la linea del fallo laterale, prospicente la panchina, chiamiamola semplicemente ‘Broadway’, è un via vai ininterrotto di coach che escono dallo spazio-squadra e a volte, naturalmente non accorgendosene, vogliamo crederlo, arrivano addirittura a mettere i piedi in campo?

Allargando un po’ il discorso, già che ci siamo, meriterebbero una risposta anche i perché che spettatori e telespettatori si pongono nel vedere quei bordocampo affollati da… chissà chi. Recentemente, abbiamo contato almeno una quarantina di persone circondare le panchine, non si sa bene a quale titolo: a parte i giocatori, massaggiatori, allenatore, medico e accompagnatore, eventualmente qualche addetto alla sicurezza, cosa ci fa lì tutta quella pletora di avventizi che con la gara non ha proprio niente a che fare: informazione? C’è una tribuna-stampa con tanti posti, non c’è bisogno che ci venga raccontato di che umore sia l’allenatore o cosa stia dicendo o facendo, perché quelli sono dettagli dei quali al telespettatore importa un… fico secco e che spesso, sono solo insulsaggini inutili, pettegolezzi da pianerottolo.

Al 91’, l’assalto all’arma bianca della Roma sfonda le linee granata: netto e indiscutibile, arriva il rigore a seguito di atterramento in area di Dybala ad opera di Djidji: chi lo batterà? Ma sì, uno qualsiasi va bene, invece la scelta cade su Belotti, sette anni al Torino ed ex capitano di quella squadra. Il ‘gallo’ batte, ma il pallone finisce sul palo.

Allorché il pallone era ancora sul dischetto, ci siamo chiesti se, prima di affidargli l’esecuzione del penalty, fossero state considerate le componenti emotive che avrebbero potuto contribuire alla non-realizzazione del rigore. Siamo propensi a supporre che, nella concitazione del momento, ciò non sia stato fatto. Belotti ha sbagliato, amen.

Per il Torino sembra fatta, invece, a spazzare via la tenebrìa della Roma, arriva Dybala, vero e unico faro della squadra: l’argentino si dà subito da fare e al 94’ inventa un missile che viene respinto dalla traversa ma viene raccolto da Matic che pareggia, imparabilmente per l’estremo difensore granata. 

Roma salva, ma Mourinho è atteso da un gran lavoro  per trasformare la sua squadra da trattore a bolide da formula 1.

                                                                           

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