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Altro giro, altro campionato

Il campionato di calcio

printDi :: 29 maggio 2021 20:54
Altro giro, altro campionato

(AGR) Tenuto conto del particolare contesto in cui è stato disputato, il campionato 2020.2021 non è stato tanto diverso da tanti altri pre-pandemia.

Nonostante sulla sua testa pendesse, minacciosa e letale, la spada di Damocle del covid 19, in termini di qualità dello spettacolo offerto e degli interpreti delle performance, il nostro massimo certame calcistico è stato di ottimo livello; durante il suo svolgersi ma soprattutto nelle giornate finali, ha riservato piacevoli sorprese e cocenti delusioni a tante tifoserie, che altro non hanno potuto fare se non seguire le partite davanti al televisore, relegando così il pathos a meri brontolii di disappunto per un rigore negato o per un goal subìto in fuorigioco, ‘democraticamente’ costrette, semmai, a sorbirsi le grida di giubilo della panchina avversaria e limitando di molto l’entusiasmo per la vittoria della propria squadra, per non dare fastidio a quelli dell’appartamento contiguo.                                                                              

 
Certo, un secondo campionato pandemico-mediatico dove, per forza di cose, è mancato il pathos di massa, sostituito da voci stentoree, urlacci e sproni continui, rutilanti nei desolanti e tristi silenzi degli stadi vuoti, che alla fine, se non li senti, ti mancano pure.                                   

Lo spettacolo non è mancato, si diceva, e, visti gli audience registrati dalle trasmissioni in diretta degli eventi, dei servizi e interviste a corollario, neanche l’entusiasmo, l’interesse e la passione dei tifosi sono venuti meno, mantenendosi ad alti livelli, nonostante, ad esempio, fosse ormai evidente che lo scudetto sarebbe andato meritatamente all’Internazionale già diverse giornate prima della conclusione del campionato, cosa (l’esito finale ormai certo) che in altre edizioni aveva fatto scemare l’interesse degli appassionati.

La lotta per assicurarsi il posto nelle varie coppe europee, che ha coinvolto almeno dieci squadre e quella per la salvezza, che, se non altrettante, ha comunque tenuto in bilico diverse squadre della nobiltà pedatoria italiana, hanno tenuto sempre desta l’attenzione dei tifosi per la nostra massima competizione calcistica. Si è dovuto arrivare agli ultimi novanta minuti per conoscere la quarta italiana che andrà in Champions League insieme a Internazionale, Juventus e Atalanta: il campo ha decretato Milan, dopo che i rossoneri avevano compiuto l’impresa di vincere a Bergamo contro lo squadrone nerazzurro, mentre il Napoli, che in sede di pronostico sembrava avesse il turno più facile, visto che giocava in casa contro l’Hellas Verona, andava a gettare via la chance di qualificazione impattando al ‘Maradona’ contro gli scaligeri, in una gara che, come sempre, gli ospiti avevano condotto in modo esemplare, mai rinunciando a piazzare il colpo del ko. Una mentalità vincente trasmessa ai gialloblu da Mr. Juric, allenatore che ormai da anni, predica un calcio europeo, poco ‘italiano’, tanto per intenderci, che sicuramente riporterà il Torino, la squadra che allenerà nel prossimo campionato, ai livelli che competono alla gloriosa squadra granata.

Nota a margine: squadra sempre pronta alla battaglia – ne fanno testo le sue ottime performance, offerte praticamente in tutte le partite – questo Hellas Verona forgiato da Mr. Juric farebbe sicuramente la sua parte in una qualsiasi delle coppe europee, non abbiamo timore di essere smentiti.

In virtù deIla vittoria milanista a Bergamo contro l’Atalanta e del suo pareggio casalingo contro l’Hellas Verona, il Napoli farà coppia con la Lazio in Europa League. La Roma, invece parteciperà alla neonata Conference Cup, dopo aver rischiato di restarne fuori, complice un disastroso primo tempo contro lo Spezia, costato due goal al passivo, poi pareggiati nel corso della ripresa, quando i giallorossi si sono ricordati di giocare a calcio.

Se potrebbe risultare evidente che i verdetti delle coppe erano piuttosto facili da prevedere, appariva difficile indovinare il piazzamento finale delle concorrenti.

E anche nella lotta per la salvezza gli ultimi dubbi si sono sciolti a pochi minuti dal fischio della penultima giornata, quando il Crotone, già retrocesso, ha pareggiato le sorti con il Benevento, di fatto condannando i giallorossi alla retrocessione.

L’orgoglioso colpo di coda dei calabresi ha matematicamente decretato la B per i sanniti, di fatto rendendo vano lo scontro diretto Torino- Benevento che, scherzi del calendario, sarebbe arrivato all’ultima giornata, a conclusione del testa a testa tra le due che andava avanti da parecchio.

Vale la pena spendere qualche parola di elogio per il Benevento , che è stato condannato alla retrocessione non già per sue carenze di organico o mancanza di un sistema di gioco adatto alla serie A o, ancora, per inadeguatezza della guida tecnica, ma per quei tre, quattro punti gettati via strada facendo, che sarebbero stati sufficienti per la sua salvezza.

La classifica finale è avara con quest’ottima squadra che ha sempre combattuto a testa alta contro tutte le avversarie, comprese le blasonatissime big, non poche volte imponendo il proprio gioco.

Siamo certi che alla fine del prossimo campionato saremo qui a dare il bentornato in A alla simpatica squadra sannita.Quanto detto per il Benevento vale più o meno per il generosissimo Crotone e per l’ottimo Parma, squadra, quest’ultima, che la gran parte degli osservatori accreditava di un campionato tranquillo.

Come è stato più volte ribadito anche da allenatori di chiara fama internazionale, vincere lo scudetto arricchisce la bacheca dei trofei e chiude la stagione e piazzarsi per una delle tre coppe è raggiungere un grande obbiettivo i cui frutti si spera che matureranno nella stagione successiva, magari arrivando alle fasi finali delle competizioni.

Ciò significa che guardando alle performance fornite dalle nostre squadre nelle coppe della passata stagione, ma anche in edizioni precedenti, a cominciare dall’Internazionale e via via fino alla Roma, le italiane dovranno mettersi sotto per cercare di colmare il gap qualitativo che tuttora le separa dai top-club europei. Un impegno non da poco in termini economici e di scouting.

Forse, anzi senza forse, le nostre società dovrebbero avere più coraggio nell’inserire in prima squadra, e farli giocare con una certa continuità, i giovani che crescono nei vivai. Si pensi al calcio olandese e inglese in primis, dove i giovani vengono gettati nella mischia, guardando più alla loro crescita agonistica e tecnica che non al risultato della partita o all’avversario che si trovano ad affrontare. Oltre che in un arricchimento del parco giocatori, per il club di appartenenza l’impiego di giovani del vivaio potrebbe tradursi in consistenti ritorni economici; lanciare un proprio giovane gli costerebbe infinitamente meno che andare a prendere ragazzi chissà dove, sulle cui doti pedatorie non si hanno riscontri certi, a parte quelli forniti da chi cerca di piazzarli: un ‘famo a fidasse’ che, in termini di investimenti, è bene evitare.

Nel tempo, di giovani bidoni piovuti nel nostro calcio da chissà dove, accompagnati da credenziali iperboliche, se ne sono avuti vari esempi. A riprova di ciò, di molti di essi se ne sono perse le tracce da tempo.

Come in tanti altri sport, anche nel football esiste la categoria degli appassionati di calcio in quanto talI, quelli cioè che vanno allo stadio solo per vedere la partita, ad applaudire questo o quel giocatore a prescindere se indossi quella tale o talaltra maglia o giochi in questa o quella squadra, o tutt’e due contemporaneamente, perché gli piace il gioco, gli piace ammirare le evoluzioni delle due squadre.                                                                                            

Esiste poi la categoria dei tifosi, cioè quelli che vanno allo stadio a vedere la propria squadra, ad applaudirla ed incitarla, spesso a soffrire per una sconfitta. Sia che vinca, perda o pareggi, per un tifoso la propria squadra vince sempre e sia che giochino undici Maradona o una squadra di pizza e fichi, quella rimarrà sempre la sua squadra, nel bene e nel male.

Entrambe le categorie sono il sale del calcio e, contrariamente a certi consolidati luoghi comuni, sono meno sprovvedute di quanto possa sembrare.

Entrambe riempiono gli stadi o se ne tengono ben lontani, nel caso abbiano la sensazione di essere presi in giro da una dirigenza inadeguata, Prima di andare ad investire su giocatorini sconosciuti, bisognerebbe sempre ben tenere a mente l’esistenza di queste due categorie.                                                                                                                                              

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