A Pasqua, i romani rinunciano all’abbacchio

Rispetto al 2009 – dice il presidente dell’Unisca, l’associazione degli imprenditori del settore carne della Confcommercio di Roma, Carlo Stirpe - le ordinazioni sono scese di circa il 10% e questo è un dato preoccupante visto che questo andamento negativo era già in atto lo scorso anno. Se continua così siamo sicuri avverrà una vera e propria inversione di rotta nelle abitudini di acquisto. Secondo quanto riferiscono i nostri esercenti infatti i romani, sia single che intere famiglie. si stanno orientando verso carni meno costose come il maiale o il pollame e sui pronti a cuocere.
“Se vogliamo fare un’osservazione più economica e legata all’andamento dei prezzi – spiega Stirpe - non possiamo negare, senza farci prendere dal pessimismo, che dalla crisi economica non siamo affatto usciti e che ancora ne subiamo le conseguenze. I clienti acquistano meno carne di agnello anche per poter risparmiare su un prodotto che da sempre è uno dei più pregiati: le nostre carni migliori, infatti, provengono in gran parte dalle campagne del viterbese e dell’alta Tuscia o anche dalla Sardegna, per questo i costi sono piuttosto elevati. Al prezzo dell’alta qualità va aggiunto poi quello dei trasporti e della benzina, che tra l’altro negli ultimi mesi è anche aumentata”.
Una vera flessione del mercato, dunque, da cui sembra in parte salvarsi la grande distribuzione che, forse, per i prezzi più competitivi ma non solo, non sembra cedere alle trasformazioni e agli alti e bassi del mercato dei consumi.
“E’ vero che – conclude Stirpe - un mezzo abbacchio in un supermercato romano può costare anche solo 30 euro, mentre la stessa parte dal classico macellaio la paghiamo 45 euro(in media 16 euro al chilo), ma è altrettanto vero che poi a casa ci troviamo a mangiare tutt’altro rispetto a quello che ci aspettavamo, magari vitellone o agnellone e non autentica carne d’abbacchio”.