Il tesoro di San Gennaro a Palazzo Sciarra dal 30 ottobre

L’esposizione curata da Paolo Jorio, direttore del Museo del Tesoro di San Gennaro, e Ciro Paolillo, esperto gemmologo e docente di Storia, economia e produzione della gioielleria presso l’Università La Sapienza di Roma, con la consulenza di Franco Recanatesi, sarà un evento unico di grande rilevanza storica e artistica: per la prima volta, oltre 90 opere provenienti da una delle collezioni di arte orafa più importante al mondo, verranno presentate al di fuori delle mura della città partenopea accanto a documenti originali, dipinti, disegni, arredi sacri.
La mostra offrirà l’occasione di approfondire da un punto di vista scientifico l’inestimabile valore artistico e culturale del Tesoro di San Gennaro per far riscoprire, tramandare e rivivere attraverso un viaggio nel tempo, Napoli e il suo nume tutelare, la sua storia, i suoi artisti e soprattutto l’inestimabile patrimonio che si è accumulato lungo sette secoli.
Con venticinque milioni di devoti sparsi in tutto il mondo, San Gennaro è il santo cattolico più famoso e conosciuto nel mondo. La sua è una lunghissima storia legata strettamente a Napoli, tra devozione e pregiudizio, fede e incredulità, fino a una fortissima identificazione tra il Santo protettore e la coscienza di un popolo periodicamente minacciato da catastrofi naturali ed eventi storici.
La mostra a Palazzo Sciarra si svilupperà secondo un percorso scientifico senza

Per far comprendere l’impatto di questo appuntamento, basti dire che il Tesoro di San Gennaro, formatosi attraverso settecento anni di donazioni di papi, imperatori, re, ma anche di ex voto popolari, ha un valore storico superiore a quello dei Gioielli della Corona d’Inghilterra e dello Zar di Russia, come ha rilevato una ricerca pubblicata nel 2010 e compiuta da un’equipe di gemmologi coordinata dal Prof. Ciro Paolillo, curatore della mostra, che nell’arco di un triennio ha effettuato approfonditi studi su alcuni dei preziosissimi gioielli donati al Santo e che saranno esposti a Roma.
Inoltre, al contrario di quanto accaduto per altri patrimoni dinastici ed ecclesiastici, il Tesoro si è mantenuto intatto dalla sua nascita ad oggi, senza mai subire spoliazioni e senza che i suoi preziosi fossero venduti per finanziare guerre, in un processo di acquisizione e ampliamento continuo.
“Ritengo che sia di fondamentale importanza diffondere la conoscenza dell’inestimabile patrimonio che possiede il Nostro Paese, la cui conservazione e valorizzazione rappresentano un asset strategico del mercato culturale. Ed è proprio per l’impegno in tale settore che la Fondazione Roma, attraverso l’attività svolta dalla Fondazione Roma-Arte-Musei, è divenuta negli anni un punto di riferimento per l’incontro fra domanda e offerta di cultura nella Città Eterna”, dichiara il Prof. Avv. Emmanuele F.M. Emanuele, Presidente di Fondazione Roma. “La mostra dedicata al Tesoro di San Gennaro” - prosegue il Prof. Avv. Emanuele – “si inserisce a pieno titolo nel progetto culturale promosso dalla nostra Istituzione, che ha come obiettivo quello della diffusione dell’arte in tutte le sue manifestazioni, quale elemento di crescita sociale. Quest’attenzione al rapporto tra cultura e società, rappresenta il trait d’union tra l’attività svolta dalla Fondazione e dal Museo di San Gennaro, che ha portato alla realizzazione di questo rilevante evento espositivo, permettendo al pubblico di ammirare, per la prima volta, opere che per la loro preziosità e per la loro forte connotazione identitaria non erano mai state esposte al di fuori delle mura di Napoli”.
“Ogni opera d’arte appartenente al Tesoro di San Gennaro”, afferma Paolo Jorio, “esprime non solo la propria intrinseca ricchezza artistica, frutto dell’ineguagliabile maestria di scultori, di argentieri, di cesellatori, di saldatori, di mettitori d’insieme (come erano chiamati gli assemblatori del tempo), capaci di realizzare capolavori di rara bellezza con sapienza tecnica e creatività, ma narra anche la straordinaria storia di un popolo e della sua civiltà millenaria”.
“Una narrazione - continua Paolo Jorio - che mette sullo stesso piano il popolo napoletano e i regnanti europei che in modo trasversale e laico hanno reso omaggio a San Gennaro e donato a Napoli capolavori dal valore inestimabile”.
Il percorso espositivo ruoterà attorno ai due più straordinari capolavori del Tesoro: la Collana di San Gennaro, in oro, argento e pietre preziose, realizzata da Michele Dato nel 1679 e la Mitra, in argento dorato, 3326 diamanti, 164 rubini, 198 smeraldi e 2 granati, creata da Matteo Treglia nel 1713, di cui quest’anno si celebrano i 300 anni della realizzazione.
La mostra di Roma offrirà anche l’occasione per scoprire altri tesori come, ad esempio, la Croce in argento e coralli del 1707, dono della famiglia Spera, che testimonia la grande diffusione che ebbe a Napoli in epoca barocca l'uso del corallo accostato all'argento, sia in ambito laico che religioso.
Il Calice in oro, rubini, smeraldi, brillanti dell'orafo di corte Michele Lofrano, commissionato da Ferdinando di Borbone e realizzato nel 1761. L'Ostensorio in argento e rubini (1808) donato come atto di devozione al santo patrono da Gioacchino Murat al suo arrivo in città su suggerimento di Napoleone. La Pisside gemmata in oro, rubini, zaffiri, smeraldi e brillanti (1831) offerta da Re Ferdinando II nel 1831. L'Ostensorio in oro, pietre preziose, perline, smalti (1837), uno splendido esempio di ripresa di modelli barocchi in un oggetto dai caratteri ormai neoclassici. L'ostensorio venne dato da Maria Teresa d'Austria in occasione delle sue nozze con Ferdinando II. Il Calice in oro zecchino (1849), donato da Papa Pio IX nel 1849 per ringraziare i napoletani dopo essere stato ospitato in asilo a causa dei moti mazziniani di Roma, è uno dei pochi di manifattura non napoletana essendo stato realizzato dall'orafo Valadier a Roma. La Croce episcopale in oro, smeraldi e brillanti, donata da Re Umberto I e Margherita di Savoia il 23 novembre 1878 nella prima visita a Napoli dopo la loro assunzione al trono, per rendere omaggio al Santo Patrono della città regalando così alla Cappella del Tesoro una croce in lapislazzuli e pietre preziose con laccio d'oro. Infine la Pisside in oro, corallo e malachite (1931), realizzata dalla famiglia Ascione di Torre del Greco e donata da Umberto di Savoia il 5 novembre 1931 quando si trasferì con la moglie José a Napoli.
Lavoro di squisito gusto barocco sono i due Splendori, così chiamati proprio in virtù della magnificenza e dell'imponenza delle loro dimensioni (cm 370 di altezza), opera dell’argentiere Filippo del Giudice su disegno di Bartolomeo Granucci (1744); donati da re Carlo III di Borbone e dalla regina Maria Amalia di Sassonia, precedono la balaustra dell’Altare Maggiore.
A tutto tondo i puttini sul globo terrestre e le sei virtù: Fede (il calice), Speranza (l’ancora) e Carità (donna che allatta bambino). Alle tre virtù teologali corrispondono, sull’altro candeliere, tre allegorie che forse esaltano i meriti di Carlo di Borbone, il quale contribuì con l’offerta di duemila ducati. Queste le tre allegorie: Fortezza (donna con elmo in testa, scudo sul braccio e lancia in mano), Mansuetudine (donna con agnello), Buon Governo (donna che regge il globo). Nei documenti appare chiaro che gli Splendori furono donati da Carlo III di Borbone e della regina Maria Amalia di Sassonia e commissionati dalla Deputazione stessa, senza specificare mai nomi precisi di alcun deputato.
Accompagna la mostra un catalogo edito da Skira.