ANBI, uno sciame alluvionale attraversa l'Italia
Francesco Vincenzi, presidente ANBI: senza un'assunzione di responsabilità collettiva verso la fragilità del territorio, nuove emergenze sono possibili. Siamo colpiti da una tropicalizzazione di eventi, la cui violenza si scarica su aree circoscritte moltiplicando la pressione sul reticolo idraulico
ANBI foto area alluvionata foto da comunicato stampa
(AGR) Se al Nord, all’inondazione della Romagna si affianca la violenza meteo su Brescia (145 millimetri di pioggia in un giorno con una punta di mm. 50 in un’ora), è al CentroSud, che si registra un autentico “sciame alluvionale” a conferma della fragilità idrogeologica dell’Italia: in Campania, Forino è stata allagata in poche ore da mm. 78,4 di pioggia; grande apprensione, ma solo danni e disagi a Lucera in Puglia per circa 60 millimetri d’acqua caduti in un’ora ; in Sardegna, mm. 61,4 sono scesi in un’ora su Ottana, mentre è bastata un’ora e mezza per vedere cadere 64 millimetri d’acqua su Carbonia, mentre 27 violentissimi millimetri di pioggia in un’ora sono stati sufficienti per provocare allagamenti, frane e crolli a Bonnanaro; infine in Sicilia si registrano 62 millimetri di pioggia in 2 giorni su Sclafani Bagni (mm. 46 in 24 ore) e mm. 50 su Aidone.
A registrarlo è il settimanale report dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche.
“E’ la conferma di una crisi climatica, che vede il nostro Paese particolarmente esposto, colpito da una tropicalizzazione di eventi, la cui violenza si scarica su aree circoscritte, moltiplicando la pressione sul reticolo idraulico – commenta Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) - L’immagine più appropriata è quella di un secchio improvvisamente rovesciato sulle testa delle comunità: o adeguiamo il territorio a contenere le acque di pioggia, trasformando il problema in opportunità, grazie all’efficientamento della rete idraulica, alla realizzazione di nuove infrastrutture ed assumendo un atteggiamento nuovo e diverso riguardo il consumo del suolo oppure nuove emergenze anche drammatiche possono purtroppo ripetersi un po’ ovunque su un territorio fortemente urbanizzato.”
“Il timore adesso è l’immobilismo post emozionale, non acquisendo intrinsecamente che alluvioni e siccità sono facce di una stessa medaglia, chiamata gestione idraulica, messa in crisi dai cambiamenti climatici e da un inarrestabile abbandono, nonché cementificazione del territorio. Per questo, le soluzioni da noi proposte, dai piani invasi agli interventi di efficientamento sulle opere esistenti, sono multifunzionali, rispondendo perlopiù ad entrambe le esigenze – aggiunge Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI - E’ tempo di dimostrare di essere un Paese maturo che, accanto all’eccezionale capacità di intervento in caso d’emergenza, sa ora farlo anche in prevenzione, utilizzando al meglio le risorse disponibili e cui si potrà accedere.”
Per il resto, la Penisola, dopo mesi caratterizzati da insufficienza idrica, si presenta ancora con un aspetto “umido”.
Al Nord, i livelli dei grandi bacini naturali sono tornati a quote confortanti: i laghi Maggiore e di Como sono sopra media, così come quello d’Iseo che, con il 98,6% di riempimento sfiora il massimo storico; bene anche il Benaco, che cresce di quasi 10 centimetri, indirizzandosi ad uscire dallo stato di sofferenza, che lo caratterizza da molte settimane.
In Valle d’Aosta, complice lo scioglimento della neve in quota e le abbondanti precipitazioni, la portata della Dora Baltea cresce notevolmente (alla stazione di Nus, da mc/s 5,10 della scorsa settimana agli attuali mc/s 73,10); anche il torrente Lys mantiene una notevole portata (mc/s 7,10).
In Piemonte, le eccezionali portate dei fiumi in piena sono in larga parte solo un ricordo: restano importanti i volumi d’acqua negli alvei di Varaita (oltre 35 metri cubi al secondo) ed Orco (oltre mc/s 50), mentre tornano sotto media la Sesia, il Tanaro, la Toce.
In Lombardia, il fiume Adda tocca una portata di 177 metri cubi al secondo, superiore quantomeno a quella del siccitoso 2022; grazie all’incremento dei volumi invasati nei grandi laghi ed in quelli alpini, il deficit nelle riserve idriche si riduce al 22,5% benchè superi il 43% in quelle nivali.
Tornano a scendere i livelli dei fiumi liguri.
In Veneto, l’Adige continua a crescere, così come la Brenta; calano invece Piave e Livenza.
Le portate del fiume Po, nonostante un forte ridimensionamento rispetto alle recenti “morbide”, si mantengono in Piemonte al di sopra delle medie storiche (a Torino, 233 metri cubi al secondo rispetto ad una media mensile di mc/s 151,3 cioè +54%); in Emilia Romagna e Lombardia, invece, le portate risultano in netto calo (a Piacenza e Cremona sono più che dimezzate), ma restano in crescita man mano che ci si avvicina al delta, complici gli afflussi da territori colpiti da eventi meteo estremi. Ciò nonostante, a conferma di un incerto stato di salute idrica, il Grande Fiume rimane sotto la media storica.
Restando in Emilia Romagna, i fiumi dei territori occidentali (Nure e Trebbia) permangono sopra le medie mensili, mentre tornano sotto media quelli centrali (Enza, Panaro e Secchia). A conferma di un’accentuata localizzazione degli eventi meteo, marcato è lo scarto nelle precipitazioni cumulate tra i settori orientale ed occidentale della regione: se nei bacini montani romagnoli la pioggia caduta dall’ inizio dell’anno idrologico tocca mm. 926, sulle terre alte dal Parma alla Trebbia supera appena i 720 millimetri, così come si attesta sui 200 millimetri, la differenza di cumulata tra i bacini di pianura a Nord della foce del fiume Reno e quelli dal Parma al Tidone.
In Toscana, l’apporto pluviale di Maggio ha segnato numeri record nelle aree appenniniche dell’alto Mugello (contribuendo alla tragedia romagnola tramite i bacini del Senio e del Santerno) e della Garfagnana, con cumulate, che vanno dai 400 millimetri fino a sfiorare i mm. 500 nell’area di confine tra le province di Firenze e Bologna. Oltre 300 millimetri di pioggia si sono registrati anche sull’Abetone ed a Poppi, in provincia d’Arezzo. Dopo le buone performance della scorsa settimana tornano a scendere i fiumi con Arno (ora a poco più di mc/s 22 di portata) e Serchio (mc/s 18,10) a livelli di portata, inferiori alla media ed in linea con quelli insufficienti del 2022.
Nelle Marche prosegue la “normalizzazione” dei livelli dei fiumi, che mantengono però altezze superiori al quadriennio precedente; negli invasi, l’incremento settimanale di circa 3,5 milioni di metri cubi avvicina a soli 2 milioni e mezzo il valore di massimo invaso autorizzato.
In Umbria, il fiume Tevere decresce di oltre mezzo metro, mentre la Nera cala di 40 centimetri ed il Chiascio di cm. 30; da inizio Maggio, il livello idrico nel bacino della diga di Corbara è cresciuto di oltre m. 2,30.
Nel Lazio, la portata del fiume Tevere a Roma centro si attesta su mc/s 141, valore superiore al biennio 2021-2022; cresce ancora l’Aniene, che arriva a toccare la confortante portata di mc/s 24,3, mentre decresce il Liri dopo i valori di piena dei giorni scorsi. Il lago del Salto, in provincia di Rieti, da inizio Maggio registra un incremento di livello pari a circa m. 3,30 mentre la situazione dei laghi Bracciano e Nemi, che non hanno fiumi immissari, fatica da anni a migliorare.
In Campania, decrescono vistosamente i livelli dei fiumi Volturno (stabile, invece, in Molise), Sele e Garigliano.
Dopo aver incamerato una notevole quantità d’acqua nelle scorse settimane, i bacini della Basilicata subiscono una battuta d’arresto (circa -2,5 milioni di metri cubi) a causa di un’intensa attività irrigua, mantenendo però un surplus notevole rispetto alla già positiva primavera 2022 (+45,37 milioni di metri cubi).
Analogo andamento si registra, infine, negli invasi della Puglia, ma ciò nonostante lo scarto positivo sul 2022 sale a 50,61 milioni di metri cubi.
Infine, un esempio virtuoso sull’utilità dei bacini arriva dalla Calabria, dove l’invaso della diga di Sant’Anna, dopo essere stato per lungo tempo a secco, ha recuperato in due mesi i volumi mancanti, arrivando a raggiungere, stoccando le acque di piogge anche torrenziali, registrate nell’entroterra crotonese a Maggio, il volume di 14,37 milioni di metri cubi, record in anni recenti ed a solo 1.630.000 metri cubi dal volume massimo autorizzato.