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Svizzera a Qatar 2022, Italia agli spareggi di primavera

Irlanda del Nord- Italia 0-0

printDi :: 16 novembre 2021 20:03
Svizzera a Qatar 2022, Italia agli spareggi di primavera

(AGR) L’Italia non ha vinto, complimenti all’Irlanda del Nord che si è battuta lealmente. È lo staff tecnico azzurro a doversi interrogare su come sia stato possibile pareggiare con una squadra tecnicamente e qualitativamente insignificante come la nord-irlandese. Come sia stato possibile concepire la messa in campo di quell’undici, e relative successive sostituzioni, che invece di partire lancia in resta senza dare respiro all’avversaria per tutta la durata della partita, è rimasta lì a guardare senza fare un tiro in porta, sbagliando quasi tutti i passaggi, corti o lunghi che fossero, non riuscendo ad imbastire credibili trame d’attacco, insistendo, piuttosto, nel tic-toc-tac difensivo nell’intento di stanare gli avversari.

Ma cosa mai poteva fregargliene, ai nord-irlandesi, di venire avanti, rischiando magari di essere infilati da qualche nostra ripartenza? Loro erano ormai fuori dalla lotta per la qualificazione e quindi, con ogni probabilità, avevano fatto la scelta che mirava più ad uscire da Windsor Park con un passivo decente, che non a tentare di vincere con i campioni d’Europa. E noi, invece, goleada? Ma va là: leviamo piuttosto lodi al Cielo per la grandissima parata di Donnarumma, su Savile, che ha evitato la nostra capitolazione: una sconfitta che avrebbe reso ancora più bruciante la serataccia di Belfast.

 
A dare un’occhiata alla nostra fase a gironi per cercare di individuare le cause del clamoroso black-out azzurro, non basta fermarsi alle prove incolori, da squadretta di bassa classifica, fornite nel ritorno contro Svizzera e Irlanda del Nord - pareggi inutili per la classifica che tuttavia non indicano un cedimento strutturale della gestione Mancini, ma, piuttosto, approcci sbagliati delle gare - ma bisogna andare più a monte, risalire alla partita con la Bulgaria: è da lì che non abbiamo più visto l’Italia scintillante, ammirata all’europeo. È in quella partita che si è cominciato a sentire qualche scricchiolio, a vedere qualche crepa.

Andammo a Firenze per disputare una partita che, sulla carta, doveva essere di ordinaria amministrazione, nel senso che a nessuno sfiorava il dubbio che la nostra nazionale non potesse vincere. In fondo, avevamo battuto la Bulgaria a casa sua con un bel 2-0 e all’orizzonte di quel calcio non si intravedevano nuovi Stoichkov o Letchkov (il suo bellissimo goal alla Germania ai mondiali del ’94 è leggendario), pertanto, dal punto di vista tecnico-qualitativo potevamo vantare una indiscussa superiorità. Avevamo, dunque, la certezza che a fine gara la nostra classifica sarebbe stata impinguata di tre punti, saremmo cioè saliti a 12 punti, staccando così la Svizzera di altri tre punti, grazie anche alla buona sorte che ci aveva messo su un piatto d’argento quella ghiotta opportunità, visto che la Svizzera riposava.

Ma la nazionale non sfruttò la chance: Italia-Bulgaria fu una partita che l’Italia dominò per larghi tratti, ma che sfortuna e mancanza di lucidità in numerose occasioni, insieme alle prove negative di Insigne e Immobile in primis, ma anche di qualche altro, le impedirono di vincere. Si tenga presente, inoltre, che l’essere andati in vantaggio al 16’ del primo tempo, Chiesa, rafforzò probabilmente la certezza della vittoria larga, sicché le maglie si allargarono, in molti si distrassero e arrivò il goal del pareggio bulgaro quasi in chiusura di tempo.

Nella ripresa, i tentativi dei nostri di prendere la partita non portarono a nulla e la gara si chiuse sul’1-1. Forse, tra le cause di quel pareggio si potrebbe includere un atteggiamento mentale non adeguato: potrebbe darsi, infatti, che i nostri fossero rimasti sul palchetto di Wembley a festeggiare la conquista dell’Europa.

Sta di fatto che quella steccata interna avrebbe dovuto essere un campanello d’allarme, un avvertimento che bisognava cambiare qualcosa, cosa che. nella sostanza, nel prosieguo, non è stata fatta, a cominciare dall’atteggiamento da tenere nella partita ormai imminente con la Svizzera: intanto bisognava immaginare che i rossocrociati avrebbero fatto tesoro delle tre sberle rimediate all’europeo e che, invece di piangersi addosso, sarebbero corsi ai ripari mettendola sulla velocità, sull’intensità e sul piano fisico.

Poi bisognava considerare che aveva cambiato il ct, che quindi dal nuovo arrivato Murat Yakin era logico aspettarsi altri schemi, altre figure, oltre a qualche nuovo entrato in rosa. All’epoca, alla vigilia di Svizzera-Italia, avevamo 5 punti di vantaggio, sicché, ripescando la vecchia mentalità sparagnina che ha dominato il nostro calcio per secoli, a molti degli addetti ai lavori veniva fatto di pensare che, in fondo, anche un pareggio sarebbe andato bene perché il distacco di quattro punti sarebbe rimasto invariato e poi a Roma, nella partita di ritorno, le cose si sarebbero sistemate una volta per tutte: l’Italia avrebbe vinto, il distacco sarebbe stato incolmabile e la partita di Belfast contro l’Irlanda del Nord sarebbe stata una semplice formalità.

Si arriva così all’8 settembre, quando, rifilate cinque reti alla Lituania e verificatasi la coincidenza favorevole del pareggio svizzero con l’Irlanda del nord, il vantaggio in classifica dell’Italia sale a sei punti.

Benissimo! Solo che la Svizzera ha due partite in meno, quindi quel vantaggio di sei punti potrebbe essere annullato, e così fu: 2-0 all’Irlanda del nord e 4-0 alla Lituania et voilà, vantaggio annullato. Gli è tutto da rifare, avrebbe detto il mitico Gino Bartali. Ma sì, dai, la differenza reti è a nostro favore, +2, e poi sono loro, gli svizzeri, a dover venire qui all’Olimpico e l’ultima ce la giochiamo con l’Irlanda del nord, che calcisticamente parlando non è mai stata nessuno, nonostante il leggendario George Best. Invece, all’Olimpico, tutto abbiamo fatto meno che vincere.

Rispondiamo al goal di Widmer all’11’ con il pareggio di Di Lorenzo al 36’, ma poi, evitata la tragedia, arriva la farsa con Jorginho che al 90’ sbaglia il goal qualificazione e fa saltare tutte le certezze italiane.

A proposito di questo giocatore è d’uopo chiedersi quali siano le cause o i motivi della sua involuzione come rigorista della nostra nazionale. Di sicuro, dopo l’errore contro la Svizzera, il terzo consecutivo in partite decisive, non può più essere considerato il primo rigorista della nazionale.

Ora si va agli spareggi e sarebbe bene che i direttamente coinvolti in quell’avventura, cioè giocatori e tecnici della nazionale, non ascoltino i profeti di sventura, portatori di iella, coloro che si spacciano per esperti pur non avendo mai calciato un pallone, sparano frescacce di giornata a destra e a manca, così appestando il nostro calcio, e si abbandonano a dichiarazioni disfattiste del tipo ‘Oddio, potrebbe capitarci Ibrahimovic o Haaland o questo o quest’altro.

Abbiamo già sentito e avuto modo di leggere un paio di quelle idiozie. Un giorno, tanto tempo fa, fu chiesta al grande Trapattoni se avesse avuto paura di incontrare Pelè e lui rispose ‘se avessi avuto paura di Pelè me ne sarei rimasto a Cinisello Balsamo’ (il suo paese natale nell’hinterland milanese. Ndr.).

Ecco, questo è lo spirito giusto con il quale affrontare gli spareggi di marzo (dal 4 al 26 di quel mese. Ndr.): entrare in campo senza temere l’avversario, che abbia o non abbia un nome famoso, ma badando solo a fare il proprio dovere. Mancini riuscirà sicuramente a trasmettere questo concetto ai suoi ragazzi. 

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