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All’Olimpico, 39454 spettatori assistono a Roma-Barcellona di Women’s Champions League (Coppa campioni Donne): in Italia è record di presenze...

Champions League Donne: Roma-Barcellona 0-1

printDi :: 24 marzo 2023 12:51
All’Olimpico, 39454 spettatori assistono a Roma-Barcellona di Women’s Champions League (Coppa campioni Donne): in Italia è record di presenze...

(AGR) Lo scenario dell’Olimpico è imponente: gli spettatori sono circa quarantamila, qualche centinaio in meno. Sono presenti anche tanti tifosi catalani. In campo ci sono due squadre femminili, che stanno per disputare l’andata dei quarti di finale della Women’s Champions League e, se dal punto di vista sportivo la Roma- Donne arrivata ai quarti di finale del prestigioso torneo è un avvenimento, da quello sociale lo è anche la presenza dei quarantamila spettatori circa sugli spalti: al di là della partita in sé, dello spettacolo offerto dalle due e del risultato finale, che potrà essere di parità o a favore dell’una o dell’altra, sono quelle decine e decine di migliaia di tifosi e appassionati che affollano l’Olimpico il vero evento della serata: quelle presenze sono il segno tangibile e incontrovertibile che ormai il calcio femminile è un’indiscussa realtà, sportiva e sociale, che chiede a gran voce il suo spazio: insomma è plausibile pensare che questo Roma-Barcellona abbia finalmente abbattuto le anacronistiche barriere dell’ignoranza e della diffidenza verso le donne. Se non del tutto, la gara dell’Olimpico ha senz’altro aperto larghissime brecce nelle mura dei ghetti edificati da storici e radicati pregiudizi fondati, per la maggior parte, sull’assurda convinzione che il calcio, come tante altre attività sportive, sociali o di altro genere, siano ‘cose da uomini’.

Le catalane partono subito a mille e sciorinano a più non posso velocità d’esecuzione, tecnica individuale, sconfinata esperienza calcistica, eccellente qualità di gioco. La Roma è alla sua prima partita ai quarti di finale del prestigiosissimo torneo continentale Women’s Champions League. Per le giallorosse questa gara è, praticamente, l’esame di maturità, anche se tra le sue file militano giocatrici di consolidata esperienza internazionale. Non è difficile supporre che, perlomeno le esordienti in WCL, entrate in campo per giocare quella partita che magari hanno sempre sognato di disputare contro autentiche fuoriclasse e maestre di calcio quali hanno dimostrato di essere le ragazze blaugrana, non siano state attanagliate dall’emozione già prima del fischio d’inizio e che questa non sia rimasta dentro di loro per un bel pezzo, in quantità tale da tagliar loro le gambe o indurle a commettere errori anche banali di valutazione, talvolta a mandarle in confusione, a temere il peggio ogni volta che le catalane venivano giù a chiuderle nella metacampo, pronte ad approfittare della sia pur minima incertezza.

 
Perché le catalane sono al top da anni, cosa che dà loro la piena consapevolezza delle proprie possibilità e che, unita all’esperienza accumulata in anni di trionfi su tutti i campi, le fa entrare sicure e spavalde, psicologicamente euforiche sull’ennesimo esito positivo della gara che vanno a disputare. Le nostre, invece, e non mi riferisco solo alle giallorosse, non hanno tutta quell’esperienza internazionale: da noi si gioca un calcio diverso, che di hard, inteso come lotta dura, gagliarda, ha poco o nulla. ‘Il duro e cattivo non trova spazio nel football femminile’ così si diceva, almeno fino a qualche tempo fa: ora, invece, guardando partite di calcio femminile giocate in Europa ma anche in altri latitudini, non di rado si può notare che quando c’è da allentare una legnata o spingere di brutto l’avversaria che sta andando sul pallone, non si fanno complimenti. Se ne fanno, invece, nel nostro calcio femminile, dove ci sono, sì, le tirate di maglia, il calcetto e la spintarella, ma sono proprio nulla, infinitamente soft rispetto all’impeto che in Europa, viene riversato addosso alla malcapitata di turno. Naturalmente, non c’è voglia di fare male da parte di chi ti scarica addosso tutto l’impeto possibile e immaginabile, ma subire due, tre, quattro colpi senza che l’arbitra li sanzioni, dal punto di vista psicologico può innestare paure e inibizioni o, all’opposto, reazioni che possono compromettere l’esito di una gara.

Ecco, qui sta il punto: in Europa vige il principio del ‘vincere, non importa come’ a differenza del nostro ‘primo non prenderle’, che induce nell’avversario la convinzione che può picchiare quanto vuole, tanto non ci sarà mai una reazione adeguata. Certo, c’è anche correttezza, ma di solito questa arriva a risultato acquisito da chi picchia. Quell’impeto, quella rabbia, quella voglia di vincere a tutti i costi, a volte, erroneamente, viene scambiata per ‘carattere’ o, più sofisticatamente, per ‘esperienza’. Da noi, di questa presunta ‘esperienza’ ne hanno tantissima le squadre che, in virtù delle tante esperienze europee, sanno come si gioca nei tornei continentali e, di conseguenza, approcciano le gare nel modo giusto.

Tutta questa esperienza, la Roma ancora non ce l’ha. Però se la sta facendo. Le ragazze romaniste hanno superato ostacoli che alla vigilia erano ritenuti insormontabili dai soliti esperti (quelli, cioè, che notoriamente non ne azzeccano mai una): gli insidiosi spareggi per accedere alla coppa, la fase a gironi, dove le nostre sono capitate, da matricole alle prime armi, in mezzo a squadre che avevano alle spalle titoli nazionali ed europei: è proprio lì, in quelle partite, che l’esperienza internazionale va accumulandosi. Ed ora, dopo quel saltare vittoriosamente, uno dietro l’altro, in una corsa che sembrava senza fine, tutti gli insidiosissimi ostacoli che via via trovava sul proprio cammino, rialzandosi prontamente dopo una inevitabile caduta, fino a trovarsi tra le elette d’Europa: le prime otto squadre femminili del continente!, già, di per sé, essere in quell’Olimpo, in quell’Arcadia il cui accesso è permesso solo ed esclusivamente alle migliori, obiettivo probabilmente impensabile ad inizio torneo, è un grandissimo risultato. Le nostre ragazze, è un dato di fatto, in quella competizione sono le ultime arrivate in ordine di tempo ma quanto a qualità delle singole, disciplina tattica e organizzazione di gioco non sono seconde a nessuna delle avversarie.

Ora, eccole qui, le romaniste, sul prato dell’Olimpico, a giocarsi il passaggio alle semifinali di questo prestigioso torneo! Sono nel pieno del daydream, al sogno ad occhi aperti che è diventato realtà per merito loro e solo loro! Il Barcellona: mamma mia! Se ne sono accorte subito, le nostre, che quella del Barcellona non è fama usurpata! Dopo un quarto d’ora era già tiro a segno: uno spettacolo, il gioco blaugrana, fatto di scambi veloci, infilate improvvise tra le maglie avversarie, dialoghi serrati in area, come da queste parti non se ne vedono da tempo: un’autentica sarabanda andata avanti per buona parte della gara: sfrenata per tutto il primo tempo, più lenta quando le catalane, gran dispendio di energie nelle gambe, hanno rallentato. Forse presumendo, dall’alto della loro superiorità tecnica-tattica-qualitativa, di aver messo abbastanza paura alla Roma, che bastava gestire il vantaggio fino al fischio di chiusura menandola senza dannarsi l’anima. Un errore di presunzione che ha consentito alle romaniste di uscire allo scoperto: le giallorosse hanno capito che, dopotutto, il diavolo non è così brutto come viene dipinto, e così, sotto di un goal, hanno capito che era tempo di cercare di propiziare il prodigio del pareggio.

Qui, a questo punto della partita, siamo all’incirca nella seconda metà della ripresa, è venuta fuori la vera Roma, quella che tutti ci si aspettava di vedere fin da inizio gara e che fino a quel momento, dovendo far fronte al pesantissimo assedio delle catalane, non s’era vista. Tra la prima parte della gara e buona parte del secondo tempo, le catalane avevano piazzato stabilmente le tende nella metacampo romanista, costruendo almeno sei palle goal, non andate a segno per via di una difesa spazzatutto, ma soprattutto grazie ad un’immensa Ceasar, che, autentica donna-ragno, più e più volte, togliendo palloni dagli angoli più remoti della sua porta (10’ 13’ 20’, 26’, 49’, 58’ e altre ancora), strozzava l’urlo di esultanza (Gooooal…) che già andava alzandosi dalle gole delle calciatrici e tifosi blaugrana sparsi nel mondo, che ce ne sono tantissimi!, peraltro, ottimamente coadiuvata nell’opera di salvataggio sulla linea da una Linari superlativa (68’) e, udite udite, nientemeno che dalla centravanti brasiliana Andressa, accorsa alla bisogna, che sbrogliava ‘alla brasiliana’ appunto, cioè senza gettare via, a casaccio, il pallone.

Quei continui scossoni e sballottamenti alla porta giallorossa, che arrivavano da tutte le parti, facevano pensare che di lì a poco, il Barcellona avrebbe incrementato il vantaggio, arrivato con il sinistro preciso di Paralluelo al 34’, così mettendo al sicuro la vittoria. Invece, guarda tu come è il calcio!, è la Roma che prende in mano il pallino e comincia ad imbastire gioco, sovente portandosi nella metà campo avversaria. Una dopo l’altra, arrivano nitide occasioni da rete che, vuoi per stanchezza e imprecisione, vuoi per la bravura del portiere Panos o per precipitazione, non hanno buon fine: 72’, Giacinti per Haavi, ma il tiro dell’ala norvegese è fiacco; all’82’, Andressa non sfrutta un errore del portiere Panos e la clamorosa occasione sfuma, all’84’ ci prova Giugliano dalla distanza ma Panos, autentico miracolo, il suo, riesce a deviare sulla traversa con la punta delle dita, infine, in pieno recupero, al 92’, la portierona blaugrana si supera ancora e dice no al pallone calciato da Giacnti a botta sicura.

Barcellona stratosferico, dunque, che è passato all’Olimpico con merito battendo una grande Roma, in ogni momento della gara sempre e comunque all’altezza della situazione. Per quanto fatto vedere dalla Roma, specie nella seconda parte della ripresa, non saremmo così perentori nell’affermare che le romaniste sono fuori dalla Women’s Champions League. Siamo più che certi che il ritorno di Barcellona non sarà una partita tosta, ma tostissima, ma oltre che per le giallorosse, lo sarà anche per le catalane: ci sarà gran lavoro per tutte. Abbiamo già visto all’opera, in tante partite, la vera Roma, quella che impone il suo gioco, che fa correre a vuoto le avversarie, che arriva ai sedici metri con disinvoltura. Ecco, contro le catalane, le romaniste non dovranno giocare condizionate dal fatto di trovarsi di fronte una tra le squadre che da anni è tra più forti del mondo, ma, semmai, pensare che ‘undici sono loro e undici siamo noi’. Allora, con questo spirito combattente, questo animus pugnandi, è possibile centrare qualsiasi obiettivo.

23 marzo 2023                                                                   RENATO BERGAMI

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