Esposto dei medici per le protesi al seno
(AGR) Nello scandalo delle protesi Pip non solo le pazienti, ma anche noi chirurghi siamo parte lesa". Per questo Aicpe, associazione che riunisce i chirurghi plastici estetici, ha deciso di denunciare la società francese Poly Implant Prothesis, produttrice delle fantomatiche protesi, e dell’ente certificatore tedesco T.U.V. Rheinfeld, chiamato ad effettuare i controlli."Abbiamo depositato al tribunale di Roma una querela contro il fabbricante delle protesi Pip e contro chi avrebbe dovuto controllarle, in quanto i chirurghi che hanno utilizzato gli impianti incriminati sono stati oggetto di truffa, alla stregua di tutte le pazienti» afferma Mario Pelle Ceravolo, vicepresidente di Aicpe, la prima associazione in Italia che riunisce chirurghi plastici che si dedicano principalmente all’aspetto estetico. "Siamo stati ingannati da un prodotto regolarmente accreditato con marchio CE e che, all’esame visivo, possedeva caratteristiche fisiche del tutto appropriate e ottimali per i tipi di intervento di mastoplastica che dovevamo effettuare – afferma il vicepresidente di Aicpe-. Abbiamo operato nel rispetto delle norme che regolano la professione medica, osservando le leggi vigenti in tutti gli stati europei". Anche l’elemento “prezzo” non ha permesso alcuna valutazione: "Le protesi Pip avevano un costo paragonabile a quello di altre protesi prodotte da ditte diverse, non sono state scelte sulla base di un costo inferiore ma per le loro caratteristiche intrinseche" aggiunge. L’utilizzo ultradecennale delle protesi Pip, inoltre, costituiva un ulteriore elemento tranquillizzante circa l’affidabilità del prodotto, dal momento che la letteratura scientifica non forniva elementi di segno negativo diversi da quelli delle altre protesi in commercio.
Al medico che ha collocato protesi Pip non può quindi essere riconosciuta nessuna colpa in quanto ha utilizzato un prodotto con marchio CE, riconosciuto sia dalla comunità scientifica, sia dagli organismi incaricati del controllo sulla qualità. "Alla base di tutto c’è un problema di inadeguatezza del sistema di controllo e di sorveglianza nei confronti di dispositivi medici come le protesi mammarie – afferma Pelle Ceravolo -. Non sono infatti previsti obblighi di controlli e verifiche da parte dei singoli stati, verifiche che dovrebbero essere effettuate prima della commercializzazione e durante il periodo di utilizzo. E chi avrebbe dovuto farlo, magari prendendo anche delle protesi a campione per analizzarle, non l’ha fatto".
Pur denunciando un sistema che non funziona, in modo da tutelare paziente e medici, Aicpe sul caso Pip mantiene un atteggiamento cauto, che si basa su dati scientifici e non su ipotesi: "L’allarmismo che si è creato non è giustificato: è vero che in alcune pazienti si sono verificate delle rotture e delle infezioni, ma non ci sono evidenze scientifiche che mettono in relazione le protesi Pip con il cancro al seno o con rischi diversi da quelli relativi ad altre protesi".
Conclude Pelle Ceravolo: "Ogni caso deve essere valutato individualmente: raccomandiamo a chi si è sottoposto ad un intervento di rivolgersi al proprio chirurgo di fiducia per monitorare la situazione e prendere le dovute misure di controllo o terapeutiche". Come ha dimostrato lo scandalo delle protesi Pip, nel campo della chirurgia plastica in Italia c’è bisogno di regole chiare e di maggior tutela per i pazienti e per gli stessi medici.