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Quando la crisi diventa opportunità: il ruolo decisivo dei commercialisti

Un approccio moderno che punta su prevenzione, trasparenza e collaborazione per salvaguardare imprese, lavoro e comunità

printDi :: 11 dicembre 2025 14:24
Relatori convegno Lumsa

Relatori convegno Lumsa

(AGR) Si è svolta ieri, presso l’Università LUMSA di Roma, una giornata di studio dedicata all’evoluzione della disciplina della crisi d’impresa, con particolare attenzione alla continuità aziendale e al ruolo degli adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili. Guidati dagli interventi di Maria Lucetta Russotto, Dottore Commercialista e Professoressa di Accounting and Business Administration all’Università di Firenze, di Claudio Miglio Dottore Commercialista e Professore a contratto di Economia Aziendale all’Università Niccolò Cusano e Candidato Presidente della Lista Insieme per Roma, e di Maurizio Fantaccione, Dottore Commercialista, i partecipanti hanno approfondito il passaggio dal tradizionale impianto della legge fallimentare a una moderna prospettiva orientata alla prevenzione, alla gestione tempestiva delle difficoltà e alla salvaguardia del valore dell’impresa.

Al centro dei lavori è stato posto un cambio di paradigma ormai irreversibile: la crisi non è più letta come “morte” dell’azienda, ma come fase fisiologica del ciclo di vita dell’impresa. Tutte le imprese, soprattutto quelle più sane e dinamiche, attraversano momenti di squilibrio; la differenza la fa la capacità di riconoscere i segnali in tempo e attivare per tempo strumenti correttivi. È stata proposta una distinzione chiara tra “difficoltà” – squilibri temporanei e reversibili, affrontabili con misure tattiche – e “crisi” vera e propria, che comporta un deterioramento più profondo degli equilibri economici, patrimoniali e finanziari e richiede interventi strategici, fino al ripensamento del modello di business e dell’organizzazione.

 
In questo contesto è stato richiamato il ruolo centrale della continuità aziendale: l’impresa non è “in crisi” solo perché registra una perdita in un esercizio, ma quando viene meno, in prospettiva, la sostenibilità della gestione. Da qui l’esigenza di monitorare costantemente i flussi di cassa prospettici, l’erosione del patrimonio, le tensioni finanziarie, la perdita di fiducia da parte di banche, fornitori e clienti, nonché i segnali “qualitativi” interni, come l’uscita del personale chiave o la crescente disorganizzazione.

Sul piano giuridico, la giornata ha evidenziato il passaggio dalla legge fallimentare del 1942 – improntata a una logica punitiva e liquidatoria – al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, che riconosce la crisi come stato giuridicamente rilevante e introduce strumenti di regolazione precoce e composizione negoziata. L’articolo 2086 del codice civile assume in questo scenario un ruolo cardine: impone all’imprenditore il dovere di dotarsi di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili idonei a rilevare tempestivamente la crisi e la perdita della continuità aziendale e ad attivarsi “senza indugio” per ricercare e mettere in atto le soluzioni opportune.

Questo obbligo non è solo formale: si traduce in una responsabilità concreta degli amministratori e degli organi di controllo (artt. 2392 e 2476 c.c.), chiamati a rispondere non soltanto delle scelte di gestione rivelatesi errate, ma anche della mancata predisposizione di assetti adeguati e della tardiva percezione o segnalazione della crisi. Il collegio sindacale e i professionisti che affiancano l’impresa diventano così attori fondamentali di un sistema orientato alla prevenzione, più che alla mera gestione dell’insolvenza conclamata.

Ampio spazio è stato dedicato anche alla dimensione culturale e formativa. È stato sottolineato come gli strumenti informativi e i software gestionali, per quanto evoluti, non possano sostituire la capacità critica dell’operatore: conoscere la logica della partita doppia, comprendere la struttura del bilancio e saper leggere gli indici è condizione indispensabile per trasformare i dati contabili in segnali utili a guidare l’imprenditore, soprattutto nelle piccole e medie imprese. Senza questa consapevolezza, il rischio è quello di intervenire troppo tardi, quando la crisi è ormai divenuta insolvenza e la continuità aziendale è irrimediabilmente compromessa.

La giornata alla LUMSA si inserisce in un percorso formativo più ampio organizzato dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC), strutturato in più moduli, che affronta in modo integrato i profili economico-aziendali, giuridici e operativi: dall’analisi dei segnali di crisi alla definizione dello stato di insolvenza, dalla costruzione dei piani di risanamento alla valutazione della loro sostenibilità economico-finanziaria, fino al ruolo e alle responsabilità dei diversi attori coinvolti nella composizione negoziata.

Questa giornata di studio ha confermato un principio che considero centrale per il futuro della nostra professione: la crisi non è un fallimento da nascondere, ma una fase da governare con competenza, trasparenza e strumenti adeguati. Dobbiamo promuovere una cultura nuova, in cui imprenditori, professionisti, creditori e istituzioni lavorano insieme per intervenire per tempo e salvaguardare il valore delle imprese. Perché ogni impresa che si salva non tutela solo un bilancio: protegge posti di lavoro, famiglie e l’intero tessuto economico del nostro territorio” è con questo pensiero che ha concluso  Claudio Miglio.

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