CBAM, sfida per l’industria italiana tra carbonio e competitività
Alla Camera dei Deputati confronto su regole, rischi e opportunità del nuovo meccanismo europe
Il Carbon Border Adjustment Mechanism ridisegna le regole del commercio globale: l’industria italiana chiamata a trasformare la compliance in leva di vantaggio competitivo

Relatori del convegno
(AGR) Una Sala della Lupa gremita ha ospitato oggi il convegno “CBAM, sfida per l’industria italiana tra carbonio e competitività”, occasione di confronto tra imprese, mondo accademico e istituzioni sul Carbon Border Adjustment Mechanism, lo strumento con cui l’Unione Europea intende allineare il costo della CO₂ incorporata nei beni importati a quello sostenuto dai produttori europei soggetti all’ETS, prevenendo il carbon leakage e tutelando la concorrenza leale.
Promosso dallo Studio Agnoli Law insieme a Salvini e Soci e al Carbon Compliance Club, il convegno — nel quadro del Mese dell’Educazione Finanziaria — ha offerto un confronto tra istituzioni, università e industria sul ruolo del CBAM nel ridefinire la competitività dell’economia italiana.
Moderazione affidata a Marco Ferraresi (Carbon Compliance Club).
Transizione e competitività: l’equilibrio da trovare
Dagli interventi è emerso un messaggio condiviso: la transizione climatica è irreversibile, ma deve essere gestita con equilibrio e realismo per non compromettere la capacità competitiva del sistema produttivo.
Il CBAM è stato interpretato come una leva di politica industriale oltre che ambientale, in grado di premiare l’efficienza e l’innovazione delle imprese europee, trasformando l’obbligo in opportunità di leadership tecnologica e sostenibile.
Regole in evoluzione e impatti operativi
Il meccanismo è oggi in fase transitoria (2023-2025), con obblighi di reporting sulle importazioni dei settori ad alta intensità di emissioni.
Dal 1° gennaio 2026 entrerà a regime con l’acquisto di certificati CBAM, proporzionali al contenuto di CO₂ dei beni importati (cemento, ferro-acciaio, alluminio, fertilizzanti, elettricità, idrogeno, con ulteriori estensioni previste).
Parallelamente, prosegue il phase-out delle quote ETS gratuite, per garantire coerenza tra mercato interno ed extra-UE. Sono state inoltre richiamate le recenti semplificazioni introdotte dalla Commissione europea — tra cui la soglia “de minimis” per importazioni inferiori alle 50 tonnellate annue per settore — volte a ridurre gli oneri amministrativi senza intaccare l’efficacia ambientale del sistema.
CBAM: dati, governance e cultura aziendale
Gli esperti hanno evidenziato come la corretta attuazione del CBAM richieda un salto di qualità nella governance aziendale, con un approccio integrato tra funzioni Sustainability, CFO, Legale, Dogane e Supply Chain.
Le imprese dovranno:assicurare la tracciabilità dei dati emissivi lungo la catena di fornitura; introdurre clausole CO₂ nei contratti di fornitura; pianificare il budget carbonico pluriennale; e potenziare le competenze interne per una compliance proattiva e competitiva.
Aspetti giuridici e doganali
Ampio spazio è stato dedicato al dibattito sulla natura giuridica del CBAM — se tassa, dazio o meccanismo di mercato — e sul suo inquadramento nel diritto unionale.
Un tema cruciale anche per la certezza del diritto e per la corretta definizione dei rapporti doganali e fiscali delle imprese.
È stato sottolineato come il coordinamento tra autorità doganali e operatori economici sarà determinante per garantire l’efficacia e la competitività del sistema.
La cornice istituzionale
La scelta della Sala della Lupa di Palazzo Montecitorio ha conferito al convegno un valore simbolico: l’antico salone dell’ala berniniana, decorato da arazzi fiamminghi e dalla celebre Lupa capitolina, ha ospitato momenti decisivi della storia repubblicana, tra cui la proclamazione dei risultati del referendum del 2 giugno 1946.
Una cornice che richiama il senso di responsabilità e visione di lungo periodo necessario ad affrontare la transizione ecologica con pragmatismo industriale.
Conclusione
Il CBAM rappresenta una sfida di sistema: non un adempimento burocratico, ma un nuovo mercato regolato dal carbonio.
Per l’industria italiana — tra le più efficienti e sostenibili d’Europa — si tratta di trasformare la compliance in vantaggio competitivo, investendo in innovazione, governance integrata e cultura della sostenibilità.
Con l’entrata a regime nel 2026, il tempo per agire è ora, come è emerso chiaramente dai vari interventi.
















