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Si...sono una puttana, rappresentazione al Teatro Forte il prossimo 26 gennaio

La performance nasce da un testo di Clementine Morrigan e vede la partecipazione della soprano Loredana Margheriti e di Daniela Carreras, Maria Teresa Filetici, Edith Fatoumata Maiga, Roberta Melasecca, Selene Pacelli , Francesca Perti, Alessandra Pompa, Miriam Procopio, Annagrazia Stammati.

printDi :: 21 gennaio 2024 18:13
Si sono una puttana locandina fopto da comunicato

Si sono una puttana locandina fopto da comunicato

(AGR) Nel quadro del Festival Witches Are Back 2024 al Forte Prenestino, per il 14° anniversario della fondazione del collettivo internazionale di artiste indipendenti, negli spazi del Teatro del Forte andrà in scena la performance "Sì, sono una puttana" di e con Barbara Lalle, a cura di Michela Becchis e Roberta Melasecca. 

La performance nasce da un testo di Clementine Morrigan e vede la partecipazione della soprano Loredana Margheriti e di Daniela Carreras, Maria Teresa Filetici, Edith Fatoumata Maiga, Roberta Melasecca, Selene Pacelli , Francesca Perti, Alessandra Pompa, Miriam Procopio, Annagrazia Stammati. 

 
Un nulla cambia una donna da Maria alla Grande Meretrice. Basta ancora una calza sfilata, due tette troppo grandi, ma il culmine della dissoluzione femminile è dire “NO”.Sicuramente puttana, malandrina sarà la lettura blasfema di quel meraviglioso, bellissimo, lisergico testo che è l’Apocalisse. La Meretrice è un mistero, gli uomini non arrivano a decifrarla. Siede sulle acque, ma siede su una bestia scarlatta con sette teste e dieci corna "Qui sta la mente che ha sapienza: le sette teste sono sette monti, sui quali la donna siede." (Ap. 17:9) e ancora “Poi mi disse: «Le acque che hai visto, dove siede la meretrice, sono popoli, moltitudini, nazioni e lingue” (Ap. 17:15). E quindi? Questa puttana siede sulla sapienza e siede sul mondo nella sua interezza in tutto il suo mistero. Appare quindi assai antica e anticamente codificata l’idea che questa straordinaria potenza è un mistero e, in quanto tale, è il Male.

Anche dentro una società più o meno organizzata e che non prevede una rivelazione finale, la donna, ancor prima di scegliere un ruolo che trasgredisce e al tempo conferma l’etica patriarcale, è comunque una sorta di incidente necessario solo a perpetrare la genia dei maschi, è comunque una macchina della sovversione sempre pronta ad esplodere e in quanto tale è necessario codificarla per poterla più facilmente archiviare.

Allora anche la categoria “puttana” è importante che venga delineata e soggettivata dal pensiero ossessivo maschile che ordinatamente separa desiderio buono da distruzione, amore da violenza e presenti il desiderio maschile come colonna della società patriarcale con il ruolo della donna equamente diviso tra quello pubblico di madre/moglie e quello privato/denegato di puttana. È tristemente di questi giorni confermare quel sistema, simbolico e politico, presentandosi come moglie, mamma, nonna…

Allora se è l’ordine simbolico maschile a codificare puntigliosamente chi sia una puttana, come può una donna riappropriarsi di se stessa e autodeterminarsi anche ponendosi dentro quella categoria che esala desiderio maschile?

È quanto fa Barbara Lalle in questa performance. Prende il testo di Clementin Morrigan, gli presta il suo corpo femminile e lo guarda da dentro. In un suo saggio sulla gelosia Morrigan scrive: “È ancora necessario per me disimparare attivamente la mia misoginia interiorizzata.”, questa misoginia è il frutto, paradossale e tragico, del trauma secondo l’autrice.

Ecco quindi che mettendo in scena una molteplicità di donne, il monolitismo morale codificato e introiettato nel trauma della “brutta sporca e cattiva” viene meno. Si rientra in quella frattura fatta di mistero che è e si impone come frattura apocalittica nell’universo maschile. Chi? Chi è la grande meretrice? Chi tra quelle donne è Maria, il buono e l’ubbidiente, chi Babilonia, il cattivo che reca confusione? Quale tra le donne che ci guardano trasgredisce alla Legge? Tutte.

Perché Lalle introduce un altro elemento intollerabile per la presunta unicità, singolarità del desiderio maschile, fatto in realtà di solipsistica e nevrotica ripetitività: la relazione. Questa dentro il sistema politico, linguistico, simbolico patriarcale non è pensabile perché è ciò che interconnette pluralità e parzialità che non si compongono, non si sovrappongono e sono perennemente differibili e tuttavia si dipendono perché si riconoscono e mettono in circolazione anche lo stesso trauma mutandolo in conoscenza e anche in arte, in un’azione simbolica cioè che non ha pretesa di controllo. È in questo che risiede quel mistero che scompagina la certezza del reale codificato fatto di “oggetti” dotati di proprietà facilmente riconoscibili.

Ecco perché nel tableau vivant che vedrete c’è certamente quella idea di relazione che è cardine del pensiero di genere, ma c’è anche l’indecifrabilità di dove si nasconda davvero, in cosa mai consista quel potenziale di sovversione che ogni donna reca con sé, che sia una puttana o un’anziana signora che sorridendo raccontò che il suo perfetto matrimonio borghese era stato così solido e lungo perché a suo marito “Non aveva mai dato confidenza”.

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