Se la poesia si mischia con la piuttura, nasce "Visioni" un libro di Sergio Guerrini e Pietro Ulgiati
La corrispondenza tra visione e atto, tra significante e ultra-significato dà vita ad architetture schizzate. «Portati via qualcosa di me», scrive Ulgiati, come se il «dolore» potesse guarire per sezioni, scomponendo la figura in tratti miscelati, in parti indefinite


(AGR) di Ginevra Amadio
La poesia che fa rima con la pittura, le parole che accarezzano le forme ed i colori, è la proposta editoriale di “Visioni”, pubblicazione presentata ad Arteka 32 ed impreziosita con una mostra d’arte. Il libro, realizzato in collaborazione con l’associazione “Observo” di Salvatore Fiaschi che ha curato la pubblicazione.
La corrispondenza tra visione e atto, tra significante e ultra-significato dà vita ad architetture schizzate, a tracce più o meno esplicite di un mondo stralunato. È l’ibrido a dominare, il discorso su un corpo che è uno e plurimo: frammenti di uno specchio destinato a ricomporsi. «Portati via qualcosa di me», scrive Ulgiati, come se il «dolore» potesse guarire per sezioni, scomponendo la figura in tratti miscelati, in parti indefinite di un mondo in dissolvenza. Così la poiesis di Guerrini, arricchita da fascinazioni simboliste e dal mix di colori chiari e terrosi, come a mettere in scena il torbido della vita, la coltre mascherata da patina traslucida.
Traspare, in questo volume, un certo pessimismo, l’idea che occorra fratturare lo status quo per scandagliare l’essenza. Ma basta un «bacio», una «carezza sfiorata» di notte e tutto si trasforma: nessuna sfilacciatura è sospesa, le immagini fanno corpo integro con la visionarietà dell’idea, con l’infrazione della ‘norma’. È questo il senso della Visione, un meccanismo che deve al cinema la giustapposizione di piani attraverso cui cogliere il nascosto, il sottostante, il poco evidente. L’irrazionale, in parte, e l’imponderabile della vita. Davvero un libro da tenere nella nostra biblioteca.