Pino Scaccia, lo storico inviato del TG1, è morto oggi per covid
Risiedeva ad Ostia da quarant'anni, al mare di Roma era molto legato. Era ricoverato da alcune settimane in un centro covid. Per il litorale romano se ne va un padre del giornalismo, forse una delle penne più fervide,sarà ricordato come inviato storico del TG1


(AGR) Pino Scaccia, storico inviato del TG1 è morto oggi mercoledì 28 ottobre, stroncato dal covid-19, contro il quale combatteva da giorni, in una struttura medico-sanitaria per malati da coronavirus. Risiedeva ad Ostia da anni in via Capitan Casella, lascia il figlio Gabriele. Il giornalista, classe 1946, era stato ricoverato da settimane in una struttura della Capitale per coronavirus, su facebook non aveva fatto mistero della sua malattia, apparendo in immagini con il respiratore ma le sue condizioni, sia pure preoccupanti non apparivano gravissime. Nei suoi post era sereno, deciso, rassicurante.
Di recente, in un post su facebook aveva riferito di aver cambiato stanza, dove sarebbe stato solo…. sembrava soddisfatto, rinfrancato, poi il silenzio, sino alla notizia tragica di questa mattina, per il litorale romano se ne va un “padre” del giornalismo, forse una delle penne più fervide, di sicuro, sarà ricordato come inviato storico del TG1, il suo volto familiare a tutti gli italiani ha raccontato le guerre nel mondo.
E’ stato il primo giornalista a scoprire i resti di Che Guevara in Bolivia, attestandone così la morte, il primo reporter occidentale ad entrare nella centrale di Černobyl’ dopo l’esplosione del reattore nucleare ed ancora, Pino Scaccia mostrerà al mondo le immagini fino a quel momento segrete dell’Area 51 nel deserto del Nevada. Le sue inchieste lo hanno portato ad occuparsi di mafia, di terrorismo, lo troviamo anche a raccontare con grande umanità gli eventi naturali, terremoti, alluvioni e frane che hanno sconvolto l’Italia ed il mondo.
Lasciata la Rai per raggiunti limiti d’età si è dedicato a tempo pieno all’attività di scrittore. È stato docente di master di giornalismo radiotelevisivo all’Università Lumsa di Roma. Ha scritto 15 libri: Armir, sulle tracce di un esercito perduto, (1992); Sequestro di persona (2000);Kabul, la città che non c'è (2002);La Torre di Babele (2005);Lettere dal Don (2011);"Shabab - la rivolta in Libia vista da vicino" (2011); "Mafija" - dalla Russia con ferocia (2014); "Nell'inferno dei narcos", con Miriam Marcazzan (2015); "Giornalismo, ritorno al futuro" (2015); "Armir" (2015); "Voci e ombre dal Don" (2017);"Dittatori" (Hitler e Mussolini tra passioni e potere) con Anna Raviglione (2018); "Le ultime lettere dal fronte del Don" (2019);"Tutte le donne del presidente" con Anna Raviglione (2020);"Un inverno mai così freddo come nel 1943" (2020).