"La testimone", una nuova indagine per Judith Lay, l'ultimo libro di Chiara Panzini
Chiara Panzini è al suo secondo romanzo edito da Cultura e dintorni, l'opera è un giallo canonico dal sapore wasp,denso di riferimenti alla cultura d’oltreoceano sebbene ambientato nell’inglesissimo Lake District.


La Testimone di Chiara Panzini
(AGR) di Ginevra Amadio
(da Prisma) Giovane scrittrice con il ‘pallino’ del noir, Chiara Panzini è al suo secondo romanzo edito da Cultura e dintorni, realtà vivace e proteiforme, sollecita alla cura di nuove voci. L’opera, che con efficace polisemia si intitola “La testimone”, è un giallo canonico dal sapore wasp,denso di riferimenti alla cultura d’oltreoceano sebbene ambientato nell’inglesissimo Lake District.
I punti-chiave del genere si dispongono, inoltre, lungo linee convenzionali, sì che il lettore risulta avvinto, in qualche modo soggiogato, certo della soluzione prospettata dall’‘ispettrice’ (in realtà un’aspirante detective). È proprio la voce narrante uno degli elementi peculiari de La testimone, che rifiuta la terza persona in nome di una tecnica ‘immersiva’ in cui prendono corpo fenomeni di straniamento(Judith dubita di sé, deve ri-controllare le sue azioni)e brevi squarci di trama.
Il morto – nodo centrale ditutti i gialli – è qui, se vogliamo, un catalizzatore di relazioni, lo strumento che consente a Panzini di alternare i piani del romanzo: da un lato la vita privata, con le sue sfumature relazionali, dall’altra il cruciverba dei fatti, in apparenza estranei ma destinati a incrociarsi. E poi le parole, di cui l’autrice conosce il potenziale, le rifrangenze semantiche. A cominciare dal titolo, che allude al doppio-ruolo della protagonista, testimone del delitto e di un matrimonio nato sghembo. O il sottotitolo, in cui Le indagini di Judith Lay assumono il valore di una duplice ricerca, tesa allo svelamento di verità conciliabili: quelle vere,reali, dell’effettivo misfatto, e quelle profonde, insondate, dell’animo umano.