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Asili nido comunali: per un bimbo su tre non c’è posto

print20 giugno 2014 17:23
(AGR) Mancano i posti negli asili comunali, mentre le famiglie che riescono a mandare i propri figli nella scuola dell’infanzia, spendono mediamente 309 euro al mese. Nello studio promosso dall’associazione dei consumatori Cittadinanzattiva, naturalmente non mancano le differenze territoriali fra Nord, Centro, Sud e fra le diverse province. Nelle tabelle di Cittadinanzattiva, per una famiglia tipo di tre persone (genitori e figlio 0-3 anni) con reddito lordo annuo di circa 44mila euro (e relativo Isee di 19.900), sono stati considerati costi, disponibilità di posti, lista di attesa, agevolazioni tariffarie previste per la frequenza a tempo pieno (in media nove ore al giorno) e, dove non presente, a tempo ridotto (sei ore al giorno), per cinque giorni a settimana. Se le tariffe restano sostanzialmente invariate a livello nazionale (erano in media di 302 euro nel 2011), è ancora però elevato il numero di bimbi in attesa di un posto nel nido comunale: uno su tre resta fuori, con punte del 71% in Basilicata e del 65% nel Lazio. La regione più economica è la Calabria con una tariffa media mensile di 139 euro, la più costosa la Valle D’Aosta con in media 432 euro. Fra le province il primato dei costi più alti spetta a Lecco con 515 euro al mese, mentre Vibo Valentia è la più economica con 120 euro mensili. «Il nostro Paese è ben lontano dall’avere un sistema di servizi per l’infanzia diffuso, accessibile e capillare su tutto il territorio – ha commentato Tina Napoli, responsabile politiche dei consumatori di Cittadinanzattiva -. Risulta quanto meno anacronistico che solo il 19% dei Comuni preveda agevolazioni tariffarie per modifiche alla situazione economica familiare, determinate da disoccupazione, mobilità, cassa integrazione». A fronte di questo quadro continua la rappresentante di Cittadinanzattiva «chiediamo al Governo di investire in politiche che puntino a creare un sistema di servizi sostenibili e di qualità, da poter così incrementare l’occupazione femminile diretta e indiretta e avvicinarci alla copertura del 33% nell’offerta nei servizi educativi». Nella (poco invidiabile) top ten delle dieci città più care, tra quelle che offrono il servizio a tempo pieno si confermano, rispetto al 2012/13, Lecco, Sondrio, Belluno, Cuneo, Lucca, Alessandria e Bolzano, mentre Imperia, Cremona e Trento subentrano al posto di Mantova, Aosta e Udine. La graduatoria delle dieci città meno care rimane totalmente inalterata: Vibo Valentia, Catanzaro, Roma, Trapani, Chieti, Campobasso, Foggia, Venezia, Napoli e Salerno. Rispetto all’anno scolastico 2012/13, solo in 27 capoluoghi di provincia sono stati riscontrati aumenti delle rette di frequenza che vanno da un minimo dell’1% (Ascoli Piceno) ad un massimo del 33% (Siena).

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