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Fragili e scomparsi dalle strutture sanitarie

Campagne informative da parte di medici e prevenzione con supporti tecnologici la "ricetta" per supportare i più fragili e le loro famiglie.

printDi :: 30 novembre 2021 15:08
Fragili e scomparsi dalle strutture sanitarie

(AGR) Molte volte, forse troppe, ci soffermiamo a meditare sulle enormi tragedie del mare che non consentono a chi tenta di raggiungere una nuova meta fuggendo per vari motivi da quella in cui si trovano sognando una nuova vita, di raggiungerla rimanendo inghiottiti dalle acque.  

Molte volte ci soffermiamo a pensare che la povertà sia solo nelle zone più povere del mondo e che solo verso queste zone abbiamo il dovere morale di svolgere la nostra missione o meglio rivolgere il nostro interesse offrendo un nostro aiuto.

 
Poche volte, valutiamo che la nostra casa, il nostro Paese, è ricco di situazioni critiche che meritano tutto il nostro interesse, tutta la nostra opinione, affinché qualcosa si muova.

Tra le tragedie che colpiscono le nostre mura domestiche c’è quella che riguarda le persone scomparse dalle strutture sanitarie, luoghi sicuri, almeno in apparenza, dove le persone in generale dovrebbero essere ospitate e curate con la massima attenzione tenendo conto delle patologie di ognuno.

Cristian Varone scomparso nell’agosto del 2017 dal nosocomio “San Rocco” di Sessa Aurunca e mai ritrovato, Sauro Vitali scomparso il 4 agosto di quest’anno dal Pronto Soccorso dell’ospedale dei Castelli di Ariccia, Giovanni Manna trasportato in ambulanza all’ospedale Gemelli il 27 novembre scorso e ritrovato senza vita. Questi sono solo alcune delle tantissime persone che affollano l’elenco delle persone scomparse dalle strutture sanitarie a cui gli organi di stampa non danno ancora abbastanza rilievo, quasi come se la notizia non ci fosse.

E invece la notizia c’è. Esiste. Si tratta della morte di queste persone.  

Ci sono morti che non si possono accettare quelle delle persone affidate alle cure ospedaliere e finite in tragedia perché non si è riusciti a vigilare su queste persone fragili…” ha detto la criminologa e Presidente del Comitato Scientifico Ricerca Scomparsi Maria Gaia Pensieri “… da molti anni ormai mi occupo di persone scomparse e dietro ad ognuna di loro ci sono delle storie che i familiari ci raccontano affidandosi a noi affinché possiamo aiutarli. È incredibile come la nostra opera di volontariato riesca a metterci in contatto con le persone di tutta Italia che a volte anche a distanza parlano con noi al telefono, e ci confidano notizie intime delle loro vite se possono essere utili a ritrovare il loro parente.  Così ognuno di noi ha dentro di sé un diario di storie, ma quelle che veramente turbano le nostre anime sono quelle di persone che certamente non erano scomparse volontarie, ma la conseguenza della scemata capacità di intendere e di volere al momento dei fatti. Parliamo di persone fragili, affette dalla sindrome dello spettro autistico, dalle demenze senili come l’Alzheimer o quella a corpi di Lewy, patologie psichiatriche. Alcuni sono scomparsi dalle loro case, ma molte altre si sono allontanate dai Pronto Soccorso a dai reparti ospedalieri a cui erano stati affidati. Tutto questo è inaccettabile, perché se è vero che queste persone non sono arrivate presso il presidio ospedaliero in regime di trattamento sanitario obbligatorio (TSO), e quindi sotto la piena responsabilità della struttura di controllo e cura, è altrettanto vero che questi soggetti hanno bisogno di un’attenzione particolare proprio per il rischio di un loro allontanamento”.

Quando un paziente entra al pronto soccorso del Grassi, si inizia subito la procedura per il triage e così come disposto dal  DPCM n.52 del 2 marzo 2021, si valuta immediatamente la difficoltà che il paziente ha nell’assistenza, individuando e autorizzando nel caso, una persona che supporterà eventualmente il paziente che magari ha difficoltà… ” ha detto Giulio Maria Ricciuto Direttore del Pronto soccorso e medicina d’urgenza del Presidio Ospedaliero G. Grassi di Ostia.

La nota pandemia da Covid 19 chiaramente ha aggravato la situazione in molte strutture sanitarie soprattutto quando a volte questi pazienti arrivano al Pronto Soccorso, trasportati da ambulanze provenienti da altre strutture dove sono in cura per i loro disturbi, senza avere al seguito i loro familiari (care givers). Ed è questa la vera tragedia del momento come ha detto Maria Gaia Pensieri “ Nel tempo abbiamo gestito le scomparse di pazienti usciti dal reparto di psichiatria, come Cristian Varone scomparso nell’agosto del 2017 dal nosocomio “San Rocco” di Sessa Aurunca e mai ritrovato. Peraltro di quell’ospedale, erano già finiti sotto processo 5 dipendenti per la scomparsa dal reparto di medicina del sig. Delle Cave avvenuta nel 2016. Il 4 agosto di quest’anno dal Pronto Soccorso dell’ospedale dei Castelli di Ariccia è scomparso Sauro Vitali, era arrivato lì con un’ambulanza dalla struttura in cui seguiva delle cure a causa di una crisi per i suoi disturbi psichiatrici. Questa storia non si è ancora conclusa e la ferita resta aperta, perché nonostante le massicce ricerche alle quali la nostra associazione ha collaborato, quello che sembrerebbe essere il suo corpo privo di vita è stato ritrovato il 9 settembre ad 1,5 km dall’ospedale, ma il cadavere è ancora in attesa di avere un nome e per questo motivo i suoi familiari non possono celebrare un funerale come chiunque meriterebbe. Come il 27 novembre sono stati celebrati quelli del sig. Giovanni Manna, affetto dal morbo di Alzheimer e ritrovato tristemente morto a poca distanza dal “Gemelli” di Roma dov’era arrivato in ambulanza, ma negli stessi giorni delle sue ricerche, dal P.S. del San Filippo Neri faceva perdere le tracce una ragazza con disturbi psichiatrici, per fortuna in questo caso rintracciata in vita”.

Si potrebbe, dunque, continuare ponendo all’attenzione dell’opinione pubblica ancora un lungo elenco di queste persone scomparse dalle strutture di primo intervento e cura, ma l’appello del Comitato Scientifico Ricerca Scomparsi è quello di porre fine a queste scomparse che sono la conseguenza dei sintomi di patologie che poco hanno a che fare con la libera scelta di andarsene, allontanandosi da casa o dalle strutture sanitarie in maniera consapevole.

E allora cosa e come si può intervenire su questo grave problema che affligge le famiglie delle persone che scompaiono dalle strutture sanitarie?

Siamo tutti consapevoli che il personale sanitario lavora in condizioni precarie, l’emergenza della pandemia ha reso più evidenti le carenze che già esistevano, ma il punto è trovare una soluzione perché tutto ciò non accada mai più, questo anche cementato sul desiderio dei parenti che hanno vissuto questa brutta esperienza.

Ed è proprio questo che spinge il Comitato Scientifico Ricerca Scomparsi attraverso il suo presidente Maria Gaia Pensieri a chiedere che venga fatta una diffusa campagna informativa da parte dei medici di base, degli specialisti neurologi, psichiatri, che hanno in cura questi soggetti fragili affinché spieghino ai care givers che una possibile conseguenza della malattia potrebbe essere l’allontanamento. L’informazione è parte della prevenzione e può salvare la vita, oggi in commercio per pochi euro ci sono dei dispositivi GPS che hanno diverse forme, orologi, spille, braccialetti o addirittura da inserire nei tacchi delle scarpe, nelle cinture, un semplice monitoraggio di un’applicazione, consente di avere sott’occhio la posizione della persona.

Anche per Giulio Maria Ricciuto la soluzione di utilizzare un braccialetto o comunque un device dotato di GPS da applicare al paziente con queste gravi patologie, è fortemente auspicabile poiché salvaguarderebbe non solo la vita dei pazienti ma offrirebbe una maggiore tranquillità anche ai famigliari.

Si tratta dunque di prevenzione a tutti gli effetti, come ha detto Maria Gaia Pensieri “… che vorremmo sottoporre anche al Ministero della Salute affinché come altri ausili medici, questi piccoli GPS  vengano riconosciuti dal Sistema Sanitario come dei salva vita. Non è tanto per la spesa che le famiglie devono affrontare, quanto per dare un incentivo al loro utilizzo. Se pensiamo al costo in termini di vite umane e a quello economico per le attività di ricerca degli scomparsi, non credo ci sia molto da obiettare. Allo stesso tempo chiediamo che le aziende ospedaliere che già utilizzano il braccialetto sanitario, quello monouso in plastica non facile da togliere, di dotarsi di questi piccoli dispositivi da inserire con un passante nei bracciali. Costi limitati e la possibilità di riutilizzare i localizzatori previa la loro disinfezione. Queste sono le nostre proposte e siamo pronti a discuterne con il Ministero della Salute, con il Commissario Straordinario del Governo per le Persone Scomparse e con chiunque abbia compreso l’urgenza di risolvere questa necessità”.

Tanto si può fare per queste persone fragili e per i loro care givers ma in generale per le persone che si prendono cura di loro. E tanto si dovrà fare per le strutture ospedaliere che solitamente sono trascurate sotto l’aspetto della tecnologia.  “ Un paziente così fragile “ ha detto Giulio Maria Ricciuto “ … è un paziente che ha necessità di non sentirsi solo, almeno per la solitudine che intende lui. Il Covid, ha cambiato un po' le vite di tutti e anche delle organizzazioni, anche quelle ospedaliere. Quindi perché non dotare gli ospedali di una maggiore e migliore rete di telecomunicazioni in modo da “equipaggiare” la struttura con device che consentono al paziente di poter parlare con le persone di riferimento, quando lo desidera, senza limitazioni fisiche, incontrando virtualmente, una persona di cui si fida, che lo rincuori, che lo incoraggi e che lo faccia stare tranquillo”.

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