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Pellegrini sbaglia il rigore, e Wieffer regala il goal-speranza al Feyenoord

Coppa UEFA Europa League: Feyenoord-Roma 1-0

printDi :: 16 aprile 2023 15:54
Pellegrini sbaglia il rigore, e Wieffer regala il goal-speranza al Feyenoord

(AGR) La Roma aveva idee ben chiare sul come affrontare l’avversaria di turno, il Feyenoord. Era evidente che le informazioni sulla squadra olandese in possesso di mr. Mourinho erano precise e dettagliate: sì, è una buona squadra, da rispettare come vanno rispettati tutti gli avversari, ma non è certo il Real Madrid, né il Barcellona o il Bayern. Questo Feyenoord, se prima del fischio d’inizio era una squadra abbondantemente alla portata della Roma, e sebbene i soliti, immancabili esperti, quelli, cioè che non ne azzeccano mai una, si sforzassero di dipingerlo come un ensemble di fenomeni, una specie di riedizione del mitico e leggendario Ajax di Cruyff and co., in realtà, nel corso della partita ha poi dimostrato di essere nient’altro che una squadra che nel nostro campionato grasso che cola se rientrasse tra le prime dieci.

Purtroppo per la Roma, ci si sono messi di mezzo accadimenti negativi che hanno condizionato non solo l’andamento della gara, ma anche e soprattutto il suo esito finale: gli infortuni di Dybala e Abraham e la non trasformazione del calcio di rigore da parte di Pellegrini, qualche errore arbitrale a danno della Roma, peraltro immancabile quando in campo c’è la squadra giallorossa, sia che giochi nella nostra amata patria o sulle desolanti distese ghiacciate dell’Artico, in qualche sperduto atollo polinesiano o nell’infernale caldo del Sahara. Infine, a coronamento della giornata storta, il goal del Feyenoord che ha decretato la sconfitta dei capitolini.

 
Primo accadimento: il campione argentino, subìto l’ennesimo colpo, che l’arbitro si è ben guardato dal punire, lascia il campo al 24’ e viene sostituito da El Shaarawy, peraltro autore di un’ottima prestazione; ma il faraone non è Dybala, nel senso che, a differenza dell’ex juventino, in campo ricopre abitualmente un ruolo diverso, ciò che implica un suo diverso impiego. L’uscita di Dybala risulterà di enorme importanza per l’assetto strategico tattico della Roma, fatta salva, naturalmente la buona prestazione di chi gli è subentrato, El Shaarawy, che alla fine risulterà tra i migliori in campo. Di rilevanza enorme, si diceva, perché Paulo Dybala è ormai l’anima di questa Roma targata Mourinho, ne è il costante punto di riferimento, calandosi ora nel ruolo di attaccante puro, ora in quello dell’uomo da ultimo passaggio, financo di ispiratore di manovre e coordinatore di geometrie. Non si diventa campioni del mondo per caso, e, partita dopo partita, se ne stanno accorgendo un po’ tutti, a cominciare dai suoi ex datori di lavoro.

Il secondo accadimento, senz’altro più penalizzante per la squadra giallorossa, è l’errore di Pellegrini dagli undici metri, avvenuto al 42’: in prospettiva, a rigore trasformato, la Roma sarebbe andata al riposo con il preziosissimo vantaggio e a quel punto, al rientro, il Feyenoord sarebbe stato costretto ad assumere un atteggiamento spiccatamente offensivo, il che avrebbe significato, per gli olandesi, concedere alla Roma, gran parte delle sue preziose praterie. Non è certo compito nostro scoprire cosa abbia concorso all’errore del capitano giallorosso: se cattiva forma psico-fisica o deconcentrazione, se sindrome degli yips o valutazioni errate di altro genere. Noi giornalisti raccontiamo ciò che vediamo e nella fattispecie abbiamo visto battere un rigore che già da come era partito il suo esecutore si vedeva che il pallone non sarebbe finito alle spalle dell’estremo difensore del Feyenoord. E questa, la prevedibilità, non dovrebbe mai appartenere a un giocatore, meglio ancora a un atleta di qualsiasi sport, qualsiasi sia il ruolo che debba coprire o la mission che gli sia stata affidata. Nella fattispecie, la mission di Pellegrini era quella di calciare il rigore, di più, a trasformarlo. La rete avrebbe tolto al Feyenoord gran parte delle speranzielle sulle quali andava campicchiando e avrebbe, invece, fatto intravedere la semifinale alla Roma.

Purtroppo per chi li subisce, nel calcio ci possono essere, come ce ne sono sempre stati, di questi accadimenti negativi, chiamateli anche, se volete, errori grossolani che compromettono partite menate magari tranquillamente fino al momento del loro verificarsi. Certo, se fossero limitati a uno ogni morte di papa, uno neanche ci farebbe caso, ma questo del rigore che si infrange sul palo va a sommarsi ad altri piuttosto clamorosi aventi lo stesso autore, cui abbiamo assistito anche nel corso di questa stagione. Ma, al di là del rigore fallito, di questo giocatore colpisce il suo stare in campo, a volte apparendo del tutto avulso dal gioco, come se la partita che sta giocando non lo riguardasse: ma, sensazioni a parte, forse, avendo la certezza che sia una punta piuttosto che un’ala tattica o un falso nueve piuttosto che una mezzala, aiuterebbe non poco a capire quali siano i compiti che gli vengono affidati di volta in volta. Contro il Feyenoord, il Pellegrini è stato impiegato solo nel primo tempo, ma, onestamente, lo abbiamo visto poco nel posto dove, almeno nominalmente, il suo ruolo richiederebbe: la zona centrale del campo, da dove, da quella cabina di regia, illuminare il gioco inventando corridoi finali che altri non vedono, all’occorrenza fare da punto di riferimento calandosi nel ruolo di hub o proponendosi lui stesso ai venti metri. Nulla di tutto questo abbiamo visto fare al Pellegrini. Viene da pensare che quello nel quale viene impiegato di solito non sia il suo ruolo. Se poi ci vai ad aggiungere che, secondo notizie della vigilia, il giocatore sembrava stesse così e così per via di infortuni non ancora smaltiti, ecco che i conti tornano e allora ci si chiede perché, se un giocatore attraversa una condizione psico-fisica approssimativa o comunque non al massimo, venga impiegato avendo la quasi certezza che possa commettere errori, grossolani o banali che siano, tali comunque da compromettere il lavoro della squadra.

Terzo accadimento, non meno importante degli altri, l’infortunio di Abraham: il londinese si scontra con Kocku e, cadendo, si infortuna ad una spalla. Costretto ad uscire, al suo posto entra Belotti, che farà il suo compitino ma non inciderà: è il minuto 57’ e la Roma, in svantaggio per il goal subìto poco prima, al 54’, deve rinunciare ad un’altra grossa percentuale della sua qualità. Da parte sua l’autore della caracca, il già menzionato Kocku, continuerà a picchiare fino alla fine, ogni volta andandogli di lusso, visto che l’arbitro gliele perdona tutte. Mah!

Quarto accadimento, diversi errori di valutazione dell’arbitro spagnolo, tale Josè Maria Sanchez Martinez da Lorca (Comunità di Murcia) che ha lasciato correre diverse entrate ruvide dei padroni d casa, non punendole con il giallo. È arcinoto a chiunque abbia tirato calci ad un pallone, che l’impunità faccia male al calcio e mini la credibilità degli arbitri. Ma il direttore di gara di Feyenoord -Roma è sembrato essere a digiuno di questo assioma, concedendo ai giocatori del Feyenoord ampia facoltà di randellare i romanisti a proprio piacimento, graziando più volte Wieffer e Hancko dal secondo cartellino giallo. Decisioni che a tutt’oggi, a diversi giorni dalla partita, appaiono inspiegabili, alimentando, più che a dissipare, le tante perplessità sull’operato del già citato arbitro Josè Maria Sanchez Martinez. Confidiamo che a dirigere la gara di ritorno all’Olimpico venga scelto un arbitro qualitativamente all’altezza della situazione, che quantomeno sappia che falli da dietro, calcioni e spintoni vanno comunque puniti. Un arbitro, insomma, che sappia mantenere la partita sui binari della perfetta correttezza: ce ne sarà bisogno, visto che, sicuramente, da parte degli olandesi non mancheranno né le canoniche provocazioni – leggi continui allontanamenti del pallone, perdite di tempo, tuffi in area, calcetti a palla lontana, ginocchiate nella schiene dei romanisti – né i tentativi di metterla sul piano della rissa, magari commettendo continui falli cattivi sperando che prima o dopo sfocino in incontrollate reazioni da parte di qualche giocatore romanista, con conseguente rosso a suo carico che complicherebbe enormemente la rimonta della squadra giallorossa, vanificandone, di fatto, il suo completamento.

Last but not least, il quinto accadimento: la rete del Feyenoord: in realtà, a ben guardare, il tiraccio di Wieffer, deve essere stato concepito dopo aver considerato, da parte olandese, che la botta dal limite o comunque dalla distanza era il solo modo per passare. L’assetto tattico romanista era perfetto, la panchina del Feyenoord se n’era accorta: nel primo tempo di tiri nella porta romanista manco a parlarne. Azioni manovrate a tutto campo? Ma quando mai. A noi serve un golletto, magari per restare a galla e al ritorno sperare, sperare, sperare. L’unica opzione buona è quella della sassata: hai visto mai… ed è andata proprio così: al 54’, Idrissi, ottima prova la sua, dalla sinistra manda preciso per Wieffer, che raccoglie. Ben appostato al limite, il centrocampista e nazionale olandese inventa un tiro velenoso, con pallone che rimbalza davanti a Rui Patricio e finisce alle spalle del portiere romanista. Forse Rui Patricio, coperto, non ha visto né la preparazione del tiro, né il coordinarsi di Wieffer, sta di fatto, però, che a noi quello è parso un pallone imprendibile. Bravo l’olandese classe ’99, ma quel tiro è sembrato proprio la sintesi del visto che con questi non si riesce a passare, provo con la sassata in diagonale. Chissà, magari va pure bene. Insomma, come si diceva poco sopra.

Nel primo tempo, leggero predominio della Roma, che tuttavia, pur mostrando buona vena dalla metà campo in su, soprattutto con Cristante ed El Shaarawy, e grande concentrazione nei pacchetti di centrocampo e difesa, non riesce a concretizzare. Peraltro, il Feyenoord non ci va leggero e all’ennesimo fallo, al 18’, l’arbitro è costretto a mostrare il cartellino giallo a Wieffer per entrata dura su Dybala – che, guarda caso, di lì a qualche minuto sarà costretto ad uscire. Al 36’ arriva il secondo giallo: stavolta è per Szymanski, ancora per gioco scorretto.

Si va avanti così, tra tentativi di imbucate, incursioni ai sedici metri e tiretti per niente pericolosi, fino a che arriva il rigore per la Roma: Wietter, al 21’, tocca il pallone con la mano in piena area, rigore, Pellegrini batte ma manda il pallone sul palo. Si ha la sensazione che, da come il suo autore era arrivato al tiro, il portiere avesse intuito la traiettoria del pallone. Riflessione a margine: non si riesce a capire perché il Wieffer non sia stato ammonito: volontarietà e involontarietà, infatti, non vengono più considerati come strumenti di valutazione del fallo di mano, perché si guarda solo al danno procurato all’avversario, volontariamente o involontariamente: c’è fallo, quindi è rigore. Pertanto il secondo giallo c’era, eccome. Di lì alla fine del tempo non succede nulla.

Al rientro, è Wjinaldum che sostituisce Pellegrini e si vede subito che l’olandese ha tanta voglia di fare, praticamente proponendosi ad ogni azione della Roma. La squadra giallorossa ne guadagna in dinamicità e determinazione. La convinzione è che potrebbe passare da un momento all’altro, invece, al 54’, è il Feyenoord ad andare in vantaggio nel modo già descritto. Ricevuta la grazia, il Feyenoord prosegue nella mattanza: stavolta è Abraham che al 57’ deve uscire dopo essersi scontrato con Kocku è vero che il romanista cadendo si fa male alla spalla, ma la botta dell’olandese c’è stata eccome.

Al 63’, il pareggio della Roma sembra cosa fatta: Ibanez, di testa, la manda dentro… per ¾: è infatti Hancko ad evitare che il pallone entri del tutto, spazzando. Qualche dubbio, ma siccome l’orologio dell’arbitro non ha suonato, il goal non c’è: no goal. Al 70’ è ancora Wieffer a colpire… Wjinaldum: è un altro intervento da giallo ma, anche stavolta, chissà per qualche inspiegabile motivo, l’arbitro spagnolo lascia correre. Nel prosieguo e fino alla fine, preso in mano il gioco, la Roma proverà ancora a pareggiare, ma i tentativi di El Shaarawy al 71’, Cristante al 75’, Wjinaldum all’86, non avranno fortuna.

Beninteso, e sottoscriviamo, la vittoria del Feyenoord non è meritata, essendo scaturita non già da una qualsiasi parvenza di superiorità, che non c’è mai stata, ma dal tiraccio sferrato confidando nella benevolenza di chissà cosa. Rimaniamo sulle nostre posizioni: il Feyenoord è una squadra che tutt’al più, se disputasse il nostro campionato, potrebbe aspirare al massimo ad una onorevole posizione di metà classifica: buona manovalanza, ma inesistenza di primi violini. Per quanto offerto sul campo dalle due squadre, abbiamo la fondata certezza che all’Olimpico sarà tutt’altra musica.

Nell’attesa, prendiamo nota che grazie ai provvedimenti presi in seguito alla mutilazione della Barcaccia di Pietro Bernini ad opera di squadracce di teppisti olandesi, mai perseguiti dalle loro autorità locali, hanno stabilito che né l’una né l’altra delle due tifoserie avrebbero potuto seguire la trasferta della propria squadra, sicché a Rotterdam non c’erano tifosi romanisti, né all’Olimpico ce ne saranno di olandesi: buona notizia, soprattutto per la Barcaccia che non correrà rischi. Magari non ne avrebbe corsi nemmeno un paio di anni fa, se chi di dovere avesse provveduto a presidiare il centro di Roma.                                                                                                                                     

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