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Pareggio inutile tra Roma e Venezia

Roma - Venezia 1-1

printDi :: 20 maggio 2022 19:37
Pareggio inutile tra Roma e Venezia

(AGR) All’Olimpico arrivava il Venezia, teoricamente non ancora retrocesso perché con sei punti a disposizione e verificandosi favorevoli coincidenze, per i lagunari sarebbe stato ancora possibile sperare in un buon fato: a parte la Salernitana, infatti, che aveva preso un punto contro l’Empoli, delle altre due coinvolte nella lotta-salvezza, Cagliari e Genoa, non si sapeva quali sarebbero stati gli esiti delle loro gare, in casa con l’Inter la prima, in trasferta a Napoli la seconda.                             

A favore del Venezia, cioè ciò che poteva alimentare i suoi sogni di salvezza, era il fatto che tanto l’Inter che il Napoli ‘dovevano’ vincere: i nerazzurri per arrivare all’ultima giornata a due punti dal Milan capolista e poi magari chissà, il Napoli, invece, perché, ormai fuori dalla lotta scudetto, ma con la certezza di partecipare alla Champions, avrebbe fatto di tutto per chiudere in bellezza il proprio campionato vincendo. L’addio di Insigne aggiungeva altre motivazioni alla partita contro il Genoa, perché l’asso napoletano avrebbe voluto congedarsi dal proprio pubblico magari con un bel goal, come di fatto è poi avvenuto.

 
Alla vigilia della gara contro la Roma, le speranze di salvezza del Venezia erano dunque più che fondate. Inoltre, oltre allo sperare in buone notizie provenienti dagli altri campi, l’Olimpico spalancava chance di visibilità, come pochi altri stadi al mondo offrono: con questa consapevolezza, per i giocatori del Venezia, impegnarsi allo stremo delle forze e dare il meglio della propria abilità professionale erano sicuramente motivazioni fortissime, un vero e proprio must. Sommando il tutto, era perciò intuitivo che i lagunari non sarebbero venuti a Roma in abiti dimessi, pronti a recitare il ruolo della vittima sacrificale, magari dopo un giretto turistico tra le bellezze dell’Urbe.

Ed è andata proprio così: contraddicendo le scontatissime valutazioni affrettate e superficiali che i soliti ‘esperti’, quelli cioè che non ne azzeccano mai una, propinano, non richiesti, attraverso la medialità multiforme che galleggia nel mare del calcio, il Venezia ha fatto la sua partita: è andata subito in vantaggio, al 2’ con Okereke - che di testa raccoglie un cross perfetto di Aramu dalla destra e batte Rui Patricio, nell’occasione apparso piuttosto sorpreso – e poi ha fatto tutto quanto era nelle sue possibilità per gestire al meglio il vantaggio e portare via dall’Olimpico tre punti ‘storici’ (e per poco non ci riusciva!), fino a che qualcuno della panchina giallorossa si è finalmente svegliato e si è reso conto che per i giallorossi stava profilandosi l’ennesima figuraccia di fronte ai propri appassionati e impagabili tifosi. Si è accorto, l’illustre qualcuno, che, se non altro per il rispetto dovuto a quella tifoseria, la stessa che all’Old Trafford cantava ‘Grazie Roma’ sotto il diluvio dei goal del Manchester United o assisteva impotente alla goleada del Bayern sul prato dell’Olimpico o, ancora, continuava ad incitare ed incitare la propria squadra mentre andavano dolorosamente concretizzandosi le scoppole artiche, la Roma doveva suonare un’altra musica contro un Venezia per niente intimorito o intimidito dai sessantamila e passa sugli spalti.

La Roma si presentava all’appuntamento dell’Olimpico avendo a portata di mano la possibilità di chiudere in anticipo la questione qualificazione-Coppa UEFA. I presupposti c’erano tutti. Ma con l’andare dei minuti ci si rendeva conto che in campo di volontà ce n’era ben poca o, per non essere così tranchant, che qualche giocatore a tutto pensava meno che a quello che doveva fare.

Attaccarsi al quattro traverse, al rosso mancato, al rigore non concesso, può servire ai tifosi per attenuare l’amarezza per un pareggio inservibile ma non può e non deve costituire il solito corredo dopopartita fatto di piagnucolamenti e lamentele per la direzione arbitrale, l’ormai scontato ritornello tirato fuori quando la vittoria non arriva, per chi ha il compito, quantomeno, di migliorare il settimo posto finale dello scorso anno - peraltro condiviso con il Sassuolo – mission che, alla luce dell’attuale classifica e di quanto può accadere nell’ultima giornata, sembra possibile portare a termine più nel prossimo che in questo campionato.

L’errata valutazione dell’avversario di turno, il simpatico Venezia, ha fatto sì che la Roma rischiasse più del dovuto. Ma c’era tempo e modo per correre ai ripari, oltre al colpo di fortuna capitato con l’espulsione di Kyine, al 32’ del primo tempo, per un inspiegabile calcio rifilato volontariamente a Pellegrini, evento che lasciava il Venezia in inferiorità numerica per circa un’ora di gara.

Svegliarsi a venti minuti dalla fine della partita è servito a trovare quel pareggio, arrivato al 75’ grazie a Shomurodov che insaccava un pallone piovutogli tra i piedi da un’uscita del portiere avversario, un pareggio che, lo ribadiamo, non serve né al Venezia per sperare ancora nella salvezza, né alla Roma che ora, per entrare in Europa, dovrà ‘solo’ vincere contro i granata, a Torino, su un campo tradizionalmente ostico per chiunque, e sperare che le altre concorrenti non vadano oltre il pareggio. Nel caso di un pareggio romanista e della contemporanea vittoria di Fiorentina e Atalanta, la Roma sarebbe scavalcata e addio coppe. A quel punto, per arrivare in Europa, alla Roma non resterebbe che vincere la coppa Conference, che qualcuno dei già menzionati ‘esperti’, quelli che non ne azzeccano mai una, continua s svalutare attraverso i media. Ne racconteremo prossimamente.

                                                      

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