La Roma vanifica l’ininterrotto ma prevedibile assalto del Bayer Leverkusen e guadagna meritatamente la finale della Uefa Europa League.
SEMIFINALE UEFA EUROPA LEAGUE: BAYER LEVERKUSEN - ROMA 0-0
(AGR) La Roma guadagna la qualificazione alla finale della Coppa UEFA Europa League disputando due partite tatticamente perfette. La Roma ha dovuto guadagnarsi la pagnotta, cioè la finale, prima spareggiando con il Salzburg (0-1 e 2-0) proveniente dalla Champions League, poi imponendosi negli ottavi all’ottimo Real Sociedad (2-0 e 0-0), quindi liquidando lo scorbutico Feyenoord (0-1 e 4-1), anch’esso proveniente dalla Champions League e, infine, giocandosela fina, la fortissima tedesca Bayer Leverkusen (1-0 e 0-0), guarda caso anch’essa proveniente dalla Champions League.
Di regola, se uno viene buttato fuori dalla porta principale, poi non può rientrare dalla porta di servizio: sei fuori, punto e basta; riprovaci nella prossima stagione o al prossimo giro: questa è una regola ormai consolidata da secoli e vale nel calcio come nel monopoli, a briscola, a tressette o in qualsiasi altro gioco o sport. Sembra però che, almeno in ambito UEFA, tale regola sia stata del tutto superata da certi pretesi ‘aggiornamenti’, chiamiamoli così, ispirati da chissà quali bizzarre filosofie. Vediamo meglio: le otto terze classificate nella fase a gironi della Champions League, sono andate agli spareggi con le otto seconde classificate nei gironi di Europa League (la cosa si è ripetuta mandando agli spareggi per l’accesso agli ottavi le terze della Europa League contro le seconde di Conference): è più che probabile che, nella quasi totalità dei casi, sono le squadre provenienti dalla Champions League che riescono poi a qualificarsi grazie ad una maggiore qualità dei loro ensemble, e magari, nel prosieguo del torneo, arrivare alla semifinale (come nel caso del Bayer Leverkusen, proveniente dal girone B) o addirittura alla finale (come nel caso del Sevilla, proveniente dal girone G). Brave, ma quelle qualificazioni sono, a ben guardare, a scapito delle seconde della Europa League o della Conference League. In sostanza, risulterebbe incomprensibile il perché una squadra arrivata terza nel girone di Champions abbia poi la possibilità di rientrare in Europa spareggiando agli occhi di tantissimi follower del calcio e sostenitori del fair play a tutti livelli, tali ‘aggiornamenti’ appaiono incomprensibili e, per parte nostra, antisportivi: perché ‘ripescare’ squadre a capito di altre, magari più meritevoli di proseguire il cammino nel torneo? A chi o a cosa servono i ripescaggi? Si vuole ‘allungare il brodo’ inserendo passaggi da una fase all’altra del tutto inutili? Si vuole fare sì che club calcistici europei ultrablasonati, con budget infiniti a disposizione, restino comunque ‘dentro’, così da favorire introiti provenienti da diritti d’immagini o televisivi? O… cos’altro? I buoni propositi dai quali nacque la Conference League, secondo i quali quel torneo avrebbe dovuto servire a dare visibilità a club calcistici con budget infinitamente più contenuti rispetto a quelli dei soliti noti, sembrano essersi volatilizzati e la bella parola ‘inclusione’, all’epoca del varo della Conference tanto strombazzata, sembra essersi smarrita nei meandri di logiche ben più prosaiche. Naturalmente, non è questa la sede in cui dibattere su certe bizzarrie, ma garantiamo ai nostri lettori che torneremo sull’argomento.
Due partite, non una, della Roma, due gare condotte e gestite in modo accorto dalla truppa di Mourinho perché dopo aver vinto all’Olimpico il match d’andata (goal di Bove al 62’), la Roma è entrata in campo al BayArena, lo stadio del Leverkusen, avendo perfettamente recepito il credo mouriniano: restare squadra, sempre e comunque, non abboccare a più che possibili finti ripiegamenti avversari, provare a piazzare il colpo del ko se e quando fosse stato possibile. Potendo contare sul preziosissimo goal-vittoria del bravissimo Bove, messo a segno all’andata, ed avendo poche cartucce a disposizione, la sola ed unica scelta della Roma era quella di resistere. E così è stato: il castrum romanista ha resistito fino alla fine ai furiosi attacchi della squadra renano-westfalica mai dando l’impressione di essere vicina al tracollo.
Perché è fuori di dubbio che un goal tedesco non solo avrebbe portato l’aggregate in parità, ma, cosa, più importante dal punto di vista della tenuta, avrebbe gettato non poco scompiglio tra le file romaniste. A energie psico-fisiche moltiplicate per mille generate dal riequilibrio del punteggio, ci si chiede tuttora, a ore di distanza dal termine della gara, dove, quali e quante energie avrebbe trovato la Roma per contrastare gli assalti, prevedibilmente furiosi, dell’avversaria. Si tenga presente che già nel round vittorioso dell’andata, la Roma si era schierata non potendo contare su diversi giocatori-chiave, riuscendo, tuttavia, a tirare avanti fino alla fine rimanendo squadra, mai deconcentrandosi, trovando addirittura il più che meritato goal-vittoria realizzato dal bravo Bove, anche grazie all’immancabile e amorevole sostegno dei suoi tifosi, e a fronteggiare la tenace e caparbia avversaria, che, sostenuta dai tanti tifosi calati dalla Renania-Westfalia, non di rado s’era fatta minacciosamente avanti ma, fortunatamente per la Roma, senza mai trovare il corridoio giusto per infilare la porta giallorossa, e, peraltro, strafregandosene del fatto che le condizioni ambientali in cui giocava non le erano favorevoli. Una squadra, quella tedesca, di carattere, dalla grande personalità, cui il grandissimo Xabi Alonso, l’attuale allenatore, basco di Tolosa, ex asso del Real Madrid e Campione del mondo, ha aggiunto tantissima qualità. Dopo il match dell’andata, nel preparare il ritorno è probabile che l’ambiente romanista, tifoseria compresa, fosse ben consapevole che al BayArena la squadra giallorossa si sarebbe trovata a giocare in condizioni ambientali difficili, forse ostili, e che la musica sarebbe stata del tutto diversa, anche perché, lungi dall’averli risolti, nel frattempo i problemi d’organico saltati fuori prima della gara all’Olimpico non solo non erano spariti ma s’erano accentuati, costringendola a schierarsi con una formazione che, se non proprio inedita, poco ci mancava, zeppa com’era di giocatori fuori ruolo e/o a mezzo servizio.
Allora, dovendo pagare non poco al Bayer in termini di qualità per via di giocatori-chiave del tutto indisponibili o non del tutto disponibili (infortuni non smaltiti del tutto o poco minutaggio), ecco che, per forza di cose, la partita della Roma non poteva che essere impostata, e, di conseguenza, disputata in quel modo. Oltre a ciò, come non prevedere un Bayer Leverkusen d’assalto? Per motivazioni diametralmente opposte, anche loro, i tedeschi, in qualche modo erano costretti a disputare un solo ed unico tipo di partita: dunque, tedeschi in attacco, romanisti a difendersi. Non che i giallorossi abbiano messo il pullman davanti alla porta, perché qualche rischio l’hanno corso, ma, piuttosto, una condotta difensiva esemplare, ordinatissima. Stupiscono, perciò, certi giudizi tranchant sul gioco della Roma cosa si aspettavano, i tedeschi, che la Roma, rabberciata e rimaneggiata, dovendo difendere l’esiguo vantaggio, si sarebbe buttata in avanti scriteriatamente, favorendo il ‘bel gioco’ per poi magari ritrovarsi con quattro reti sul groppone? A volte si è vista una difesa romanista alta, il che non poteva che significare che i giallorossi non ci stavano a fare la parte della vittima sacrificale.
E poi, tutte quelle lamentele sulle presunte perdite di tempo romaniste: chiunque abbia tirato non dico due, ma un calcio al pallone sa bene che quando una squadra è in vantaggio, nessuno dei suoi giocatori si affanna a raccogliere palloni usciti e che quando un giocatore di qualsiasi squadra prende un calcio su una coscia o in testa o un pestone avrà pure il diritto di aspettare che il dolore passi. Perdite di tempo da parte della Roma, se ci sono state non si sono verificate in malafede, ma, piuttosto, per far assorbire le randellate che ora Pellegrini, Ora Abraham e Cristante e Mancini andavano prendendo.
L’accusa di squadra anticalcio lanciata alla Roma è dunque del tutto falsa, e, semmai, personalmente la rilancerei verso quelli del Bayer Leverkusen: a costoro andrebbe detto che chiunque è capace e bravo a tirare calci e schiaffi, ma soprattutto che sono le mezzeseghe a usare quei mezzi per fermare chi tecnicamente è loro superiore. Il picchiare è la morte del calcio. Da quel punto di vista non hanno rivali. Il risultato bianco ha dato ragione alle scelte di Mourinho. Ora la Roma, grazie alle due partite tatticamente perfette, lo ribadiamo, si ritrova a giocarsi la Coppa Uefa Europa League nella finale del 31 maggio p.v. alla Puskas Arena di Budapest. In bocca al lupo, Roma!