Gli "ostacoli" sono muri di cartone, sport e disabilità, la sfida delle "Paralimpiadi"
Dai “Giochi di Stoke Mandeville” alle attuali “Paralimpiadi” di “Paris 2024”. Atleti disabili in gara per vincere ogni pregiudizio culturale. Lo sport, modello educativo e di crescita sociale, come simbolo di pace e unione tra i popoli di tutto il mondo.
maratona in carrozzella foto pixabay
(AGR) di Roberto Di Prima
Per sfuggire alle persecuzioni naziste Ludwig Guttmann, un famoso neurologo tedesco di origine ebraica, nel 1939 trovò rifugio in Gran Bretagna. Qualche anno dopo nel 1944, il governo britannico gli affidò la direzione del “Centro Nazionale di ricerca sulle lesioni del midollo spinale” presso l’Ospedale di Stoke Mandeville nei pressi di Londra. Fu nell’ambito di questa nuova funzione, che Ludwig Guttmann introdusse lo sport come strumento fisioterapico e riabilitativo dei soldati feriti o gravemente mutilati dalla guerra; un’idea geniale, ma anche un piano in palese contrapposizione col pensiero medico del tempo che prevedeva il riposo assoluto come migliore medicina anche se con tempi di recupero molto lenti. Lo sport, dunque, come strumento di accelerazione per il recupero fisico e mentale di soggetti afflitti da disabilità. Nel 1952, in concomitanza dei giochi Olimpici di Londra, Guttmann indisse la Prima Paralimpiade moderna a Stoke Mandeville alla quale parteciparono ben 130 atleti disabili di diversi paesi: i primi giochi per persone disabili mielolese, ovvero persone con lesioni al midollo spinale.
L’iniziativa fu ben accolta, non solo dal pubblico e dalla stampa internazionale, ma anche da parte di quella comunità scientifica che in precedenza aveva sollevato più di
un dubbio circa la funzione terapeutica dello sport in soggetti con disabilità importanti. Sull’onda del successo ottenuto, Guttmann, insieme all’italiano Antonio Maglio, propose ed ottenne di portare i giochi a Roma nel 1960 per la prima edizione di giochi paralimpici internazionali, le “Paralimpiadi” il cui svolgimento quadriennale nelle edizioni estive ed invernali, ci conduce ai giorni nostri con l’edizione estiva di “Paris 2024”.
Dai 130 atleti di Stoke Mandeville ai 4.400 di 180 Comitati Paralimpici Nazionali di “Paris 2024”, numeri crescenti che pongono le “Paralimpiadi” al pari delle” Olimpiadi”. Lo affermò il Barone De Gubertin, fondatore dei Giochi Olimpici moderni ( per atleti dilettanti senza alcuna disabilità), che la forza d'animo, la fiducia in se stessi, lo spirito di fratellanza e il rispetto per gli altri fossero raggiungibili con maggiore semplicità attraverso lo sport. A maggior ragione, avrà pensato il neurologo tedesco Guttmann, lo sport può essere tremendamente efficace per gli atleti e le persone affette da disabilità sia fisico-sensoriali che mentali. L’importanza delle ”Paralimpiadi ” trascende lo sport e tocca, nelle sue vette più alte, la validazione e il giusto riconoscimento delle persone diversamente abili che, con il duro lavoro e la giusta dose di determinazione, saranno in grado di superare ogni ostacolo sia fisico che mentale e culturale, trasformando quei muri apparentemente insuperabili carichi di pregiudizi ancestrali in semplici muri di cartone.
«L'importante nella vita non è il trionfo ma la lotta. L'essenziale non è aver vinto, ma aver lottato bene.» ( De Gubertin) un principio di altissimo valore educativo valido per ogni disputa sportiva; nel caso, però, siano atleti disabili a gareggiare, < avere lottato bene>, significa soprattutto dimostrare al mondo intero che la disabilità non è uno svantaggio, ma un’opportunità di riscatto e d’inclusione sociale.