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A Marassi, altro flop della Roma – Via DDR, arriva Juric – Prospettive di tanto lavoro per il nuovo mister giallorosso

Genoa-Roma 1-1

printDi :: 21 settembre 2024 21:02
A Marassi, altro flop della Roma – Via DDR, arriva Juric – Prospettive di tanto lavoro per il nuovo mister giallorosso

(AGR) Il Genoa parte bene, la mette sul piano della velocità, cosa che, vista la lentezza dei giallorossi, è ormai un clichet abituale, sfruttatissimo da qualsiasi avversaria la Roma si trovi di fronte. Tuttavia non succede nulla, perché la squadra giallorossa, solito atteggiamento compassato, contiene bene. Tutto fila via fino all’11’, quando De Winter interviene fallosamente su Dybala, che cade in piena area: è rigore e siamo confortati nella nostra convinzione anche dai pareri dei cosiddetti esperti, che di solito non ne azzeccano mai una; trattandosi però della Roma, arbitro tale Giua Antonio da Olbia, il penalty non arriva: inspiegabilmente viene accordato un angolo sui cui sviluppi Mancini va di testa, ma il pallone incontra Vasquez proprio mentre sta per varcare la linea fatale. Se la decisione dell’arbitro, e del VAR, è incomprensibile per i più, non lo è affatto per la tifoseria giallorossa, ormai da tempo abituata a questi strani errori arbitrali, che, lo reiteriamo, verificandosi ad ogni campionato, non possono più essere considerati semplici sviste.

Forse, un giorno, magari non lontano, si riuscirà a spiegare questa radicata ostilità/avversione per la Roma, così sfacciatamente impunita, ostentata non appena se ne presenti l’occasione. Intanto la Roma ha preso il sopravvento, è consapevole che può fare sua la partita ma nè Konè al 25’, né Dovbyk al 31’, che da ottima posizione calcia centrale, riescono a mandarla dentro. L’offensiva della Roma va avanti, e Gollini, intorno al 30’, salva alla grande su El Shaarawy. L’episodio è il prologo del goal romanista, che arriva al 37’ con Dovbyk, lesto a risolvere un affollatissimo batti e ribatti in area genoana. Dopo il goal, la Roma rifiata e il Genoa sfiora il pareggio con un tiro di testa di Vogliacco. Nella ripresa, Gilardino mischia le carte, ma non succede nulla: è piuttosto la Roma che al 53’ potrebbe raddoppiare ma la girata al volo di Dovbyk viene neutralizzata da Gollini col ginocchio.

Da questo minuto, la partita cambia: i troppi pericoli corsi svegliano il Genoa che comincia a macinare un gioco più dinamico, assedia la Roma ma riesce a mettere a segno solo una pericolosa punizione di Malinovsky che viene neutralizzata dall’attentissimo Svilar. La Roma subisce troppo, a tratti appare confusa, priva di comunicazione tra i vari reparti: il goal del Genoa è nell’aria e arriva al 96’, autore De Winter, che la mette dentro di testa, per il gaudio più che legittimo dei tifosi rossoblu.

Probabilmente, in quel minuto, fatale per i colori giallorossi, la Roma è già negli spogliatoi, ormai sicura di aver portato a casa i tre punti, mentre il Genoa, invece, è ancora lì a spingere e spingere, come ha fatto per tutta la ripresa, alla ricerca del pareggio, cosa che meriterebbe ampiamente per quanto abbiamo visto. Il cross di Vitinha, che porta al goal, sarebbe di normale amministrazione: un colpo di testa a spazzare e via, l’arbitro fischierebbe la fine della partita e la truppa romanista sarebbe lì a festeggiare, invece, purtroppo per i romanisti, nell’azione è coinvolto N’Dicka che ancora una volta va a farfalle, sicché il bravo De Winter, appostato dietro di lui, può andare sul traversone come meglio gli aggrada, colpire di testa e fare goal.

Si badi bene che il pareggio del Genoa non è arrivato per grazia ricevuta, ma è il giusto premio per un secondo tempo che i rossoblu hanno menato alla grande, assediando la porta giallorossa con feroce determinazione, concedendo alla Roma giusto qualche scambio a centrocampo, un paio di ripartenze, che nel contesto apparivano del tutto velleitarie, e i soliti lanci lunghi, in pretto stile anni ’70, concepiti e realizzati in funzione Dobvyk, sui quali l’ucraino, stretto com’era tra le maglie genoane e senza sostegno, poteva fare ben poco; d’altra parte, è vero che la punta giallorossa ha realizzato il goal dell’illusione, ma nel computo finale della gara risulterebbe non essere stato così pericoloso: volendo estremizzare, a volte è apparso più spettatore non pagante che vero e proprio condottiero dell’attacco romanista.

Fin dalla prima con il Cagliari, Dobvyk era apparso fuori partita: va bene, è la prima, capita ma poi neanche nelle tre partite che sono seguite ha dato l’impressione di avere quella personalità, quella potenza, quell’egoismo e quella sfrontatezza che sono i requisiti indispensabili di una punta di livello. Il campionato italiano è senz’altro tra i più difficili, e i pacchetti difensivi che vi operano sono arcigni, preparati, di livelli medio alti, ‘cattivi’ al punto giusto: risulta perciò difficile, a punte che non possiedono quei requisiti, o ne possiedono in quantità scarsa e insufficiente, farsi largo tra le agguerritissime maglie avversarie. Fin qui la partita e qualche riflessione sull’asfitticità dell’attacco romanista, e, più in generale, sull’incapacità dei giallorossi di mettere alla frusta l’avversaria creando gioco cercando di finalizzarlo, frustrando le iniziative avversarie spegnendone qualsiasi ripartenza e/o interrompendo le sue trame già ai quaranta metri.

Tutte cose che andrebbero fatte con continuità, ma che la Roma, palesando problemi di disimpegno e ripartenze in difesa, di elaborazione a centrocampo e di finalizzazione dei suoi attaccanti, al momento non sembra in grado di mettere in atto. Nonostante, infatti, i continui innesti effettuati da De Rossi, nelle partite fin qui giocate dalla Roma, la dinamicità dell’ensemble romanista, requisito pur sempre necessario per vincere le gare, è apparsa ben al di sotto degli standard mostrati nella scorsa stagione, conseguentemente emergendo, invece, in quelle scialbe performance romaniste, una mentalità da squadretta che pensi più a rimediare il punticino, non importa chi sia l’avversaria, piuttosto che a cercare la vittoria: una mentalità già di per se stessa perdente, e che davvero non ci si aspetterebbe dalla Roma, visti i suoi ambiziosi obbiettivi, conclamati urbi et orbi. Al posto delle tanto attese intensità e continuità di ritmo, nelle perfomance romaniste abbiamo visto mediocri esibizioni da squadra rabberciata, un insieme di giocatori, pur bravi, ma, che, essendo provenienti da altre federazioni, è logico che non si raccapezzino; gente arrivata alla Roma non si sa bene in base a quali strategie di mercato.

Né si sa, sulla base di quanto visto in campo, quali obbiettivi questi nuovi arrivi, manager compresi, sarebbero chiamati a centrare. Sulla base dei tre puntarelli racimolati in quattro partite, l’esonero di De Rossi o, come voci incontrollate andavano diffondendosi, delle sue dimissioni volontarie, era piuttosto prevedibile, e, se ci pensate bene, l’evento rientra nelle logiche attualmente in auge nel calcio italiano: se perdi tre partite o la tua squadra palesa uno scarso attaccamento ai colori sociali offrendo prestazioni squallide, a tal punto che i tifosi, passata l’incazzatura ci ridono su, la colpa è senz’altro dell’allenatore. Il buono fatto in passato non conta più, da benvoluto e stimato professionista diventa il capro espiatorio delle colpe altrui: della bizzarra campagna trasferimenti che alla fine gli mette a disposizione giocatori che lui non ha mai voluto, mezzi bidoni piovuti da chissà dove, di certe cessioni di giocatori dati via a quattro soldi, di turbolenze che possono esserci in ambienti variegati e compositi, in cui personaggi ricoprenti cariche importanti al suo interno, magari provenendo da oltralpe o da ameni paesi orientali, hanno poca o per niente dimestichezza con la lingua italiana o con quella della proprietà, non se ne parla, quando mai: gli errori ricadono tutti sul malcapitato di turno.

È, questa del far ricadere sull’allenatore tutto il negativo della squadra, una logica a dir poco aberrante, purtroppo ormai diffusa ad ogni latitudine, che ha colpito, e tuttora colpisce, allenatori di provata bravura e professionalità. Stavolta è toccata a De Rossi. Le solite voci incontrollate che circolavano prima del suo arrivo ne sottolineavano l’inesperienza di allenatore. Si badi bene, inesperienza, non incapacità, dovuta alla mancanza di gavetta da parte di DDR, sfociata, tra l’altro, nell’esonero da allenatore della Spal. Smentendo quelle voci incontrollate, piene di perplessità e di scarsa fiducia nelle sue possibilità, Daniele De Rossi, invece, dimostrò con i fatti di essere già all’altezza di guidare una squadra di grosso calibro come la Roma, arrivando in Coppa UEFA, sfiorando l’entrata in Coppa Campioni solo per pochi punti. A corollario, così narrano le cronache, la proprietà gli offrì un contratto di tre anni.

Applausi a scena aperta per chi aveva deciso la conferma di DDR. Tutto bene: la Roma, ‘corroborata’ dal ‘salutare’ ritiro precampionato in quel di Trigoria, che in quel periodo registrava temperature ben oltre i trenta/trentadue gradi, effettuate le solite, insignificanti partitelle di preparazione, arrivava alla prima di campionato probabilmente già cotta. Una breve riflessione: chi ha deciso il ritiro a Trigoria? Lo scopo del ritiro è quello di amalgamare tra loro i giocatori, far sì che si conoscano sul piano personale oltreché sportivo, il tutto, naturalmente in un ambiente dove la temperatura non superi mai certi limiti, magari con qualche acquazzone che rinfreschi ulteriormente l’equipe, e dove sia possibile, per gli addetti alla guida tecnica della squadra, studiare, analizzare, decidere, fare le scelte che ritengono migliori per la squadra. Che poi arrivino tanti tifosi che, mischiando turismo e passione sportiva, vogliano assistere agli allenamenti, bene, questa cosa non può mai arrecare danni agli allenamenti, semmai può essere un motivo di stimolo per i giocatori ad impegnarsi di più e meglio.

La scelta di effettuare il ritiro in località di montagna è data, in primis, dalla qualità dell’aria e dall’ormai consolidata certezza, basata sulle esperienze precedenti, accumulate in decenni di ritiri effettuati nelle nostre regioni alpine, che le fresche temperature sono ideali per un buon riposo serale e per potersi allenare con un clima temperato, magari un po’ caldo ma non troppo umido. Ipotizziamo che nella scelta di effettuare il ritiro a Trigoria abbiano avuto un grosso peso gli obbiettivi della società e magari le contingenze. Le deludenti prove della Roma, dopo il pareggio di Marassi con il Genoa, sfociano nell’esonero di De Rossi. Nei giorni precedenti l’evento, impazza il toto-allenatore, alla fine arriva Juric, e sui social gli viene dato subito il benvenuto affermando che ‘sarà due fisso’ con la prossima avversaria della Roma: l’Udinese. In sede di previsione, questo pronostico sembra di un pessimismo eccessivo. La scelta della società, infatti, sembrerebbe non essere così avventata. In termini di filosofia di gioco, Juric è un 'discepolo' di Gasperini, del quale sono noti i 'miracoli' compiuti con l'Atalanta. Juric, alla guida del Verona Hellas, fece bene dando ai gialloblu una precisa 'fisionomia' di gioco, di cui velocità, potenza e determinazione, erano elementi base.

Anche a Torino ha fatto bene: con lui i granata uscirono da diversi campionati mediocri, tornarono ad essere una squadra competitiva. Dunque, le credenziali ci sono. Certo, si troverebbe in un ambiente diverso dai precedenti: là c'erano giocatori che avevano voglia di affermarsi, qui invece, ne troverebbe di vari tipi, magari qualcuno che pensa di essere un Beckenbauer o un Djalma Santos, il mitico difensore dell'ormai leggendario Brasile di tanti anni fa. A scanso di equivoci, sembra comunque scontato che il nuovo mister dovrà mettere su una squadra pronta a combattere, che non stia lì a guardare cosa fanno gli altri, ma, al contrario, prenda l'iniziativa, imponga il proprio gioco mantenendo il livello di intensità tra il 99% e il 100%. Fatte le debite eccezioni, la Roma ha i giocatori giusti per le filosofie di gioco del nuovo mister. In bocca al lupo, Juric! 

                                                                                                  

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