Grassi, malati ricoverati in corridoio

La tranquillità, la riservatezza e, soprattutto, il rispetto e la dignità umana delle personerisultano, in questo modo, compromesse a causa del continuo passaggio di pazienti, dei parenti e degli stessi operatori, considerando inoltre che la collocazione nel corridoio non garantisce ai degenti le necessarie e idonee condizioni micro climatiche e ambientali. Non può inoltre non essere sottolineato, come tale situazione vada ad incidere nelle delicate e complesse condizioni psico-fisiche di queste persone che potrebbero trovarsi, a volte,in uno stato di “contenzione ”.
Tali situazioni non favoriscono certo quei necessari percorsi, tendenti ad evitare che il ricovero psichiatrico si trasformi in un ulteriore elemento di tensione e di frattura anziché in un’ opportunità positiva, indispensabile all’interno del progetto terapeutico/riabilitativo”. Inoltre i Cobas segnalano l’inadeguatezza e l’inagibilità delle aree esterne. “Si intende, inoltre, evidenziare lo stato di profondo abbandono, incuria, nonché di insicurezza in cui versa il giardino, unico spazio “ aperto” per i pazienti ricoverati, all’interno del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura dell’Ospedale G.B. Grassi. Tra gli aspetti che costituiscono, per la loro fatiscenza e degrado, maggior elemento di pericolosità si segnalanoi “pali di recinzione”, che presentano evidenti elementi di usura e indebolimento strutturale al punto che l’accesso e la fruizione del giardino ai pazienti ricoverati, è permesso solo inalcune “fasce orarie” ed esclusivamente con la presenza/vigilanza di un infermiere per scongiurare eventuali possibilità di “ fuga”. Siritiene inaccettabile che, a fronte di un mancato intervento risolutivo atto a ripristinare condizioni ambientali idonee e di sicurezza, si impongano decisioni come quelle dell’utilizzo da parte dei pazienti ricoverati dello spazio/giardino a “fasce orarie”, legata alla presenza/vigilanza obbligatoria di un’unità infermieristica.Questo, oltre a sottrarre personale alle necessarie ed ineludibili attività assistenziali, mortifica la professionalità di ogni singolo operatore, costretto così ad un ruolo di “guardiania” che diviene ulteriore elemento di oppressione per la persona ricoverata”.