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Scompare Gioacchino Ruocco, napoletano trapiantato ad Ostia, un poeta per tutte le stagioni

“Turnanno arreto … da Roma a Torino fino a Castellammare” il suo ultimo libro di poesie, un appassionato viaggio nel suo primo sentire poetico che si esprimeva nel dialetto parlato dai suoi corregionali. Il pittore Sante Monachesi: nessuno come lui sapeva descrivere luoghi, atmosfere e stati d’animo

printDi :: 13 dicembre 2021 23:14
Scompare Gioacchino Ruocco, napoletano trapiantato ad Ostia, un poeta per tutte le stagioni

(AGR) di Anna Iozzino

Sabato 4 dicembre 2021 è scomparso Gioacchino Ruocco, ex ispettore del lavoro sul nostro territorio ed apprezzato poeta. Fu il maestro Sante Monachesi a definirlo un “poeta per tutte le stagioni”, quelle del cuore e quelle climatiche, perché riteneva che nessuno come lui sapeva descrivere luoghi, atmosfere e stati d’animo legati a determinati momenti della vita.. Come dimenticare i bellissimi versi dedicati alle Langhe piemontesi “Dormono le colline nella nebbia/ e il cielo ha un desiderio di pianto”; “ Nei giorni d’autunno/ affogo nella nebbia/ la mia malinconia”; “ Il tempo non promette nulla di buono/ e neppure i miei versi/ che inevitabilmente parlerebbero di te”; o come quelli dedicati alla terra dove è nato o all’amore “Solo al Sud… il sole acceca le finestre/ dove i profumi di erbe/ si levano come incensi/ ad alleviare il pianto”; “Oggi il mare / era una continua burrasca / come il mio corpo / che si aggrappava al tuo / per non perderti”.

 
La poesia di Gioacchino Ruocco - spontanea ed imprevedibile, ma non facile, testarda e generosa come il mare che egli ha sempre amato e che “alterna onde di conchiglie e di tempeste”- possiede quell’ esemplare purezza, quella densità sonora e musicale e quell’ intensità di sentimenti capaci di prenderci per mano, spiare nel nostro cuore e mettere a nudo ogni emozione. Oltre alla poesia in lingua italiana, è particolarmente legato al vernacolo napoletano fin dalle sue prime composizioni che trovava più consone e più vicine al suo stile di vita che aveva preso l'avvio nelle terre che i suoi nonni coltivavano a Torre Annunziata. “Turnanno arreto”, che è il titolo del suo ultimo libro, è un appassionato viaggio nel suo primo sentire poetico che si esprimeva nel dialetto parlato dai suoi consanguinei, da suoi vicini e fuori dai circoli culturali che incominciava a frequentare per capirne i motivi aggreganti e gli interessi culturali che in essi venivano svolti. I temi affrontati erano quelli che scaturivano dai suoi stati d’animo, e da un’esplorazione con occhi attenti e cuore caldo della Napoli che riusciva a frequentare e dalla filosofia di vivere messa in essere con una sorprendente spontaneità esaltando il dialetto parlato, quello che meglio esprime il carattere, lo spirito, i sentimenti, la comunicazione quotidiana e tutto ciò che è tipico della cultura popolare.

Le poesie di questa silloge, come si evince dal titolo “Turnanno arreto”, sono collocate con una significativa inversione cronologica, partendo dal presente vissuto a Roma, ricordando il decennio vissuto a Torino, per arrivare alle poesie scritte nel 1961, quando ancora il poeta viveva a Castellammare di Stabia a cui ha dedicato la poesia “Vulesse riturnà, ma po’ che faccio..” i cui versi -“ ‘A nostalgia cke vote me piglia/ tu nun ‘o saie ‘o male ca me fa./ Me fa passà jurnate ‘e maraviglie/ e ate che me fanno disperà…” - esprimono tutto il rimpianto di chi vorrebbe ritornare, ma sa che, dopo decenni di assenza, non troverà mai più nella propria terra d’origine il volto dei propri cari scomparsi, la compagnia degli amici che spesso non ti riconoscono più, la memoria idealizzata dei luoghi, ormai invasi dal cemento.

“Stammatina ‘o mare/ è comme a chillo ‘e na cartolina / e ll’aria chiena ‘e sole / ca nun ce stanno parole / pe t’’o raccuntà” scrive il poeta ed il suo linguaggio è coinvolgente. Il registro espressivo risulta appropriato ed usato con naturalezza e proprietà ritmica, caratteristica di chi, sapientemente riesce a mediare la propria tensione intellettuale con il desiderio di far arrivare i messaggi contenuti nel flusso poetico attraverso una comunicazione emotiva senza filtri e senza barriere.

Nell’ultima poesia della silloge “Tutta na semmana” a chi si rivolge il poeta quando scrive “Quanto t’aggio aspettato..”? Certamente si rivolge alla sua donna a cui lo legano fatti e patti d’amore, lo dice ai tre figli che sono il centro di gravità della sua vita, lo dice a tutti coloro che soffrono per amore, a quelli che sono offesi dalla guerra e a quelli che sono indifesi contro i pericoli, lo dice alla natura, di cui ama l’ariosità e la luce del paesaggio, lo dice a Napoli, popolare ed istintiva, creativa e rassegnata nella sua filosofia del “Pensamme ‘a salute”, lo dice alla poesia che gli è entrata nella carne e nell’anima ed ogni giorno, in dialetto napoletano o in lingua italiana, diventa ispirazione urgente ed irrinunciabile, lo dice alla vita, al tempo, alle stagioni che nelle loro pieghe e nei loro anfratti conservano il segreto ed il colore dei giorni futuri.

Gioacchino Ruocco è nato a Castellammare di Stabia (Na) nel 1939 e si è formato come uomo e come artista nel periodo del secondo Dopoguerra durante il quale ha vissuto forti emozioni ed angosciose esperienze da cui ha assimilato irrinunciabili fermenti sociali e culturali. Ha composto le sue prime poesie in dialetto napoletano quando frequentava la seconda media. Mentre era studente dell’Istituto Nautico di Piano di Sorrento il suo professore d’italiano Giuseppe IORIO gli fece pubblicare alcune poesie sul giornale “La voce di Stabia” . Dal 1974 ha collaborato alla rivista d'arte “Scena Illustrata” e all’Annuario Comed (Guida ragionata delle Belle Arti) per il quale nel 1985 ha curato e presentato nella collana “I profili d’arte” la monografia “La scultura nell’arte contemporanea”. Nel 1994 le Edizioni Comed di Milano pubblicano il libro “Arte e poesia” in cui 56 importanti artisti contemporanei illustrano altrettante sue poesie in lingua italiana creando un prezioso momento di inteso dialogo fra le arti. Dal 1988 è stato membro dell’UNUPADeC (Unione Nazionale Unitaria Professionale Autori Drammatici e Cinematografici) che ha rappresentato per otto anni gli autori all’interno della Seconda commissione di censura presso l’ex Ministero del Turismo e Spettacolo. Dal 2013 é diventato autore e compositore iscritto alla S.I.A.E.

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