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"L'ultimo treno da Kiev" un romanzo di Stefania Nardini, la storia di tante donne in fuga, prima dalla fame e poi dalla guerra

Il romanzo ricostruisce in modo doloroso la fuga di tante donne ucraine dalla fame e dalla guerra. Una fuga rivissuta con gli occhi e le emozioni di Irina, la protagonista costretta a lasciare il suo Paese per cercare in Italia un nuovo futuro insieme a sua figlia.

printDi :: 16 febbraio 2024 12:56
L'ultimo treno da kiev copertina libro Stefania Nardini

L'ultimo treno da kiev copertina libro Stefania Nardini

(AGR) di Gianni Maritati

Con uno stile aderente alla crudezza della realtà raccontata, il romanzo ricostruisce in modo doloroso la fuga di tante donne ucraine dalla fame e dalla guerra. Con gli occhi di Irina, la protagonista costretta a lasciare il suo Paese per cercare in Italia un nuovo futuro insieme a sua figlia, possiamo vedere le piaghe dell’immigrazione clandestina, lo strapotere delle mafie, le scosse terribili dello sradicamento culturale. Un viaggio, quello di Irina, verso la libertà e l’emancipazione. I personaggi sono memorabili. Da sottolineare la partecipazione affettuosa ma mai invadente dell’autrice a un grande dramma del nostro tempo.

 
Irina è una “badante” ucraina ex professoressa di Lettere. Una tra le migliaia di donne costrette a emigrare per sopravvivere alla fame. Siamo negli anni di Kučma, tra il 1992 e il 2005, prima della “rivoluzione arancione” e il suo paese è allo sbando: quasi nessuno percepisce uno stipendio. La corruzione dilaga a tutti i livelli.
Madre di una figlia a cui vorrebbe donare un futuro diverso, per procurarsi un passaporto e un viaggio in Italia, dovrà passare attraverso un perverso sistema in cui a farla da padrone sono le mafie. Le hanno promesso un lavoro da domestica. Ma non ha scelta. È il prezzo da pagare dopo il crollo del Muro di Berlino, quando l’Ucraina del post comunismo diviene una “terra di nessuno” e un Eldorado per il capitalismo selvaggio.

Irina arriverà da clandestina, in un’Italia dove quelle come lei sono un supporto indispensabile per molte famiglie. Sarà l’inizio di un viaggio anche dentro sé stessa. E l’incontro con Rosa, giornalista femminista e sua datrice di lavoro, la metterà di fronte a un mondo sconosciuto che la storia le ha omesso. La sua rigidità sovietica sopravviverà all’urto con la cultura occidentale? Assorbirà da Rosa, i principi di emancipazione e autodeterminazione? Chi sceglierà di diventare infine Irina: una madre della patria, come voleva la dittatura, o una figlia della libertà?
Una storia di ordinaria umanità, che si snoda attraverso l’Europa per scavalcare le frontiere delle nostre sicurezze. Un romanzo sorprendente, a tratti crudo e a tratti struggente, che si rivela uno strumento utile per leggere il dramma di un paese la cui tragedia è sotto i nostri occhi.

UNA STORIA NELLA STORIA

Il romanzo, pubblicato nel 2001 dall’editore Tullio Pironti con il titolo “Matrioska”, è frutto di un viaggio dell’autrice in Ucraina in pieno inverno, quando il freddo sferra un duro colpo a chi vive nella precarietà di una vita sospesa. Un viaggio nato da interrogativi che sembravano non avere risposte per una scarsa attenzione mediatica sulla situazione di questo paese.
Stefania Nardini partì all’epoca grazie all’aiuto di un’associazione umanitaria che la mise in contatto con Andrej, Nicolaj, Victoria, gli amici che le diedero una mano a capire dal di dentro cosa stava accadendo. Oltre all’incontro con Oksana Zabužko, autrice ucraina che per prima ebbe il coraggio di scrivere sulla condizione femminile dopo il crollo del Muro di Berlino.
Non era un momento facile. “Reporter senza frontiere” aveva denunciato la scomparsa di numerosi giornalisti che avevano osato raccontare quella verità. Uno fu addirittura decapitato.
Il romanzo infatti venne tradotto in lingua ucraina da Andrej e Victoria, circolò clandestinamente suscitando l’attenzione dei giornali di opposizione con diversi articoli. Qualcuno pensò fosse firmato con uno pseudonimo e che l’autrice fosse una donna ucraina. La pubblicazione italiana riscosse un discreto interesse. Successivamente, all’indomani della “rivoluzione arancione”, il testo venne pubblicato con una nuova traduzione curata da Oleksandra Rekut, sulla rivista VSESVIT. E fu il primo libro di un autore italiano proposto in lingua ucraina.

Oggi l'Italia è il primo Paese europeo per presenza di cittadini ucraini, con un aumento significativo, circa il 62%, negli ultimi anni. Parliamo di circa 200 mila persone, la quinta popolazione straniera per rilevanza numerica, di cui l’80% sono donne.
Nonostante vengano impiegate nel settore paramedico, sono inquadrate in mansioni di basso livello, al di là delle qualifiche. Dai dati del Ministero del Lavoro, i cittadini ucraini presenti nel nostro paese hanno un’istruzione elevata, che supera di gran lungo la media dei cittadini non comunitari. Nella comunità ucraina sono proprio le donne le più scolarizzate: il 22,3% delle occupate è laureata, mentre gli uomini sono solo il 14,8%. Un dato nettamente superiore registrato su tutta la popolazione femminile non comunitaria (16,3%).
Idos e Assindat Colf hanno stimato che la metà dei lavoratori si attesta su un’età che supera i 50 anni, mentre è calata notevolmente la presenza di colf, badanti e baby sitter under 30. Ma ancora una volta è il sommerso la piaga che affligge queste lavoratrici. L’Osservatorio nazionale Domina parla di circa un milione di colf e badanti che lavorano in nero. Tra queste molte donne ucraine.

A distanza di tempo, con gli eventi che hanno travolto violentemente il paese, l’idea di riproporre la storia di Irina è stata accolta dall’editore Les Flâneurs con entusiasmo. Nasce così questa nuova edizione. La storia di una donna, di tante donne in fuga, prima dalla fame, poi da una guerra.

Stefania Nardini, giornalista e scrittrice, è romana, vive tra Marsiglia e Filignano, in Molise. Tra i suoi libri “Alcazar, ultimo spettacolo”, “Jean Claude Izzo. Storia di un marsigliese”, “La combattente”, tutti pubblicati da E/O.

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