L’istituto dei collaboratori di giustizia fondamentale nella lotta alle mafie: alcune riflessioni su parole di Saviano
L’avvocato Marco Valerio Verni, portavoce dell’Associazione Sostenitori dei Collaboratori e Testimoni di Giustizia, risponde alle considerazioni dello scrittore Roberto Saviano sul ruolo e sulle criticità dei collaboratori di giustizia


Avv. Marco Valerio Verni, portavoce dell’Associazione Sostenitori dei Collaboratori e Testimoni di Giustizia
(AGR) «A seguito di alcune riflessioni espresse dal noto scrittore Roberto Saviano in un suo video apparso su TikTok[1], riteniamo opportuno formulare, a nostra volta, alcune considerazioni sul tema dei collaboratori di giustizia, al fine di bilanciare un quadro che, data l’indiscussa notorietà del suddetto autore, rischia, a nostro avviso, di gettare un’ombra sull’intera categoria.
L’istituto dei collaboratori di giustizia, fortemente voluto da Giovanni Falcone, si è rivelato negli anni uno strumento fondamentale per scardinare le organizzazioni criminali di tipo mafioso, comprese quelle di carattere transnazionale ed etnico. Certo, come ogni istituto, può presentare dei “bug” – come sottolinea Saviano – ma, non a caso, sono previsti, anche in questo caso, pesi e contrappesi volti a mantenere in equilibrio il sistema. Tutto è perfettibile, certo, ma il miglioramento deve avvenire a livello sistemico e non con giudizi sommari di carattere settoriale.»
«Saviano sostiene che i collaboratori, in cambio delle informazioni da essi rese, ricevano del denaro. Occorre precisare che tale denaro è, in realtà, corrisposto a chi decide di collaborare come contributo al sostentamento proprio e dei relativi familiari quale condizione indispensabile per permettere loro di vivere una vita dignitosa, nonostante l’isolamento sociale ed il rischio concreto derivante dalla scelta di collaborare.
Allo stesso modo, non si può essere particolarmente tranchant nell’affermare che, una volta capitalizzati – ossia al termine del programma di protezione – i collaboratori non possano aprirsi canali social. Sarebbe ingiusto considerarli, in quanto ex criminali, automaticamente portatori di uno stigma tale da impedire loro di continuare, magari, la propria opera di redenzione, anche attraverso strumenti di comunicazione che, come è noto, consentono di raggiungere un vastissimo pubblico.
Molti collaboratori, infatti, attraverso la propria testimonianza e la condivisione delle proprie esperienze, possono contribuire alla diffusione di una cultura della legalità e alla prevenzione del fenomeno mafioso, soprattutto tra i più giovani.
Ovviamente – ribadisco – non tutto è perfetto e non tutti agiscono in buona fede (all’uopo, vi è, comunque, il vaglio ultimo degli organi preposti), ma generalizzare è sempre dannoso e rischia di svilire un’intera categoria fatta anche di persone che hanno compiuto questa scelta in maniera profondamente convinta e non per mero calcolo legato alle proprie vicende giudiziarie. Sarebbe più corretto, allora, indicare singolarmente chi, tra i collaboratori, abbia tradito lo spirito dell’istituto o abbia utilizzato i social per fini loschi, piuttosto che apostrofare in maniera indiscriminata l’intera categoria.
Per questo motivo, rivolgiamo un invito diretto a Roberto Saviano ad accettare un confronto con la nostra Associazione. Un dialogo aperto, franco e costruttivo, nell’ottica di arricchire il dibattito e di creare quel movimento di pensiero sano e consapevole che sta a cuore a tutti noi.
Al tempo stesso, riteniamo necessario sottolineare che, sebbene, effettivamente, vi possano essere persone che si improvvisano opinionisti senza possedere lo spessore umano, culturale o morale che, forse, sarebbe auspicabile avere, anche a costoro – in uno Stato di diritto – non possa essere negato il diritto di esprimere il relativo pensiero, condivisibile o meno che sia. Con la consapevolezza che, laddove qualcuno travalichi i limiti della legalità, la collettività dispone comunque degli strumenti necessari per intervenire.»

Associazione sostenitori dei collaboratori e testimoni di giustizia