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Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne, il dramma dei minori

Per affrontare il tema della violenza sulle donne e le ripercussioni pesanti che ha sui figli, abbiamo intervistato l'avv. Samantha Luponio, esperta di diritto di famiglia

printDi :: 25 novembre 2020 16:34
Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne, il dramma dei minori

(AGR) di Donatella Gimigliano

Oggi si celebra la Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne, data scelta dall’assemblea dell'Onu nel 1999 in ricordo del sacrificio delle sorelle Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal, stuprate, torturate e uccise dagli agenti del dittatore Rafael Leonidas Trujillo nella Repubblica Dominicana. I numeri nel nostro paese sono impressionanti, l’ultimo report diffuso dalla Polizia di Stato “Questo non è amore”, con i dati aggiornati al 2020, parla di 88 vittime da marzo ad ottobre. Ma c’è un’altra faccia della violenza di genere, quella della cosiddetta “violenza assistita”, cioè il dramma vissuto dai minori che vedono o percepiscono le proprie madri subire violenza all'interno della propria casa da parte del proprio padre. Ne parliamo con l’avvocato Samantha Luponio, titolare dell’omonimo Studio Legale Associato con sede in Roma ed esperta di diritto di famiglia.

 
Avvocato, come mai ha deciso di occuparsi di queste tematiche?

Per inclinazione naturale, negli anni ho sviluppato un particolare interesse per i diritti della persona, dei minori e della famiglia, creando all’interno del mio studio legale un settore specifico che si occupa ad ampio raggio di tutte le problematiche ad esso connesse. Animata da un forte entusiasmo per la tematica e mossa dal desiderio di mettere a disposizione della comunità competenze ed esperienze, ho cercato la collaborazione di colleghi, psicoterapeuti, tossicologi e Forze dell’Ordine per dar vita ad una iniziativa di impegno civico.

Ci parli dei progetti avviati

Nel 2017 ho dato vita, grazie alla fattiva collaborazione della Sezione di Roma dell’Associazione Nazione Magistrati e all’Ordine degli Avvocati di Roma, al Progetto “EDUCAL” – Educazione alla Cittadinanza Attiva e alla Legalità, incontrando oltre 4000 giovani adolescenti all’anno, i quali hanno potuto vivere un percorso di sensibilizzazione e di informazione sui diritti e i doveri dei minori.

E’ proprio sui minori, infatti, che si focalizza la mia attenzione ogni qualvolta assisto nuclei familiari che si trovano ad attraversare e risolvere situazioni complesse e drammaticamente comuni nel nostro tessuto sociale, quali le separazioni, i divorzi ed in genere la regolamentazione dell’affidamento dei minori per le coppie di genitori non uniti in matrimonio. In tali contesti, gli adulti litigano, arrivando purtroppo a farsi vere e proprie guerre senza confini e, in un attimo, le vite delle famiglie diventano strumenti per notiziari televisivi e “numeri di ruoli generali” nei procedimenti dinanzi alle corti civili adite mentre i figli restano sullo sfondo, troppo spesso inconsapevolmente vittime di un habitat familiare burrascoso e violento.

Cosa sarebbe opportuno fare?

L’attenzione dovrebbe essere spostata su alcuni aspetti ricorrenti nei nostri “microcosmi familiari”, funzionalmente diretta a prevenire determinati episodi, suscettibili di creare riverberi sulla salute psico-fisica dei minori. A tal fine, si dovrebbe realizzare una gestione integrata e multilivello del “fenomeno famiglia” (in una logica di prevenzione e non solo di cura), con uno spirito animato dal valore dell’impegno civico, attraverso l’applicazione di una logica cooperativa tra tutti coloro che, a vario titolo, si ritrovano ad essere attori ed interpreti della grande sceneggiatura.

Ci faccia un esempio

Recentemente ho seguito il caso di una coppia non unita in matrimonio, il cui iter sembra il contenuto di un copione sempre uguale; ad una forte passione iniziale seguiva un’altalena di emozioni contrastanti nella vittima di sesso femminile (in questo caso) che, nel corso della storia, veniva esposta a continue aggressioni verbali, offese e perfino minacce che spesso venivano sdrammatizzate con richieste di scuse. Nell’arco del tempo, nonostante la nascita del loro primogenito, le aggressioni si acuivano fino a sfociare in veri e propri maltrattamenti nei confronti della figura materna per di più alla presenza del minore. La mia assistita, nonostante l’immane sofferenza, si è ritrovata a tollerare questa situazione con la speranza che quella violenza cessasse, sì da poter realizzare il progetto di vita familiare che si era prefissa, malgrado l’avversa realtà dei fatti. A causa dell’incontenibile contegno del compagno, la convivenza diventava intollerabile nonché pericolosa, al punto che proprio per la gravità dei suoi comportamenti, la mia assistita si determinava con grande rammarico a sporgere formale querela per il reato di maltrattamenti.

E cosa è successo?

Il peso dei comportamenti del compagno, la fondatezza degli indizi di reato a suo carico e la chiarezza del quadro probatorio a supporto, composto in gran parte di messaggistica whatsapp e di registrazioni ambientali e telefoniche a  cui la signora ha fatto ricorso per tutelarsi, hanno condotto all’immediata irrogazione nei confronti dell’indagato della misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria ex art. 282 c.p.p., prescrivendogli di presentarsi tutti i giorni, una volta al giorno, dinanzi ai Carabinieri del luogo di residenza. Anche secondo la prospettazione del PM, le condotte poste in essere dal resistente integrano i delitti di cui agli artt. 81 e 572 commi 1, 2 e 4 c.p., trattandosi di maltrattamenti aggravati dall’aver commesso il fatto in presenza di un minore degli anni diciotto. Dunque, si tratta di un tipico caso in cui, in virtù dei numerosi episodi di violenza a danno di uno dei partner, si palesa l’inidoneità del maltrattante alla cura e all’educazione del figlio minore. In più di un’occasione i comportamenti aggressivi ai danni della madre avrebbero potuto rappresentare un pericolo per l’incolumità fisica del piccolo persona offesa.

Si deve fare quindi attenzione ai diritti e all’incolumità del minore?

Al di là di quanto accade agli “adulti”, la ratio protettiva della disposizione incriminatrice in commento, che si sostanzia nell’esigenza di tutelare il minore rispetto ad episodi di violenza c.d. “invisibile”, è improntata sulla necessità di prevenire e sanzionare il fenomeno della “violenza assistita” che, nonostante la tenera età, lascia segni e tracce indelebili nella mente del bambino e nei suoi comportamenti futuri cagionandogli lesioni morali degne di essere oggetto di tutela penale e civile. E’ stato più volte ribadito, tanto nell’ambito della giurisprudenza quanto in quello della psicoterapia, che l’esperienza diretta di atti violenti nei confronti di uno dei genitori può ben produrre sui bambini effetti traumatici di pari intensità di quelli prodotti da violenze dirette poiché i maltrattamenti perpetrati su una delle figure genitoriali ed attuati nello spazio visivo percettivo del minore vengono assorbiti da quest’ultimo, rendendolo vittima a sua volta. In tale situazione, in sede civile, ho chiesto per la mia assistita, in deroga al generale principio dell’affido condiviso, la soluzione dell’affidamento esclusivo per meglio tutelare gli interessi del piccolo.

Sono storie che si ripetono frequentemente?

Nonostante l’apparente banalità della storia narrata, questi episodi di silenziosa violenza familiare sono sempre più all’ordine del giorno ed è nostro dovere, in qualità di partecipanti attivi di questa società rimarcare l’importanza di tutelare le categorie che, per varie ragioni, sono da considerarsi più deboli. Certamente i minori, non possono non rientrare tra i soggetti che più abbisognano di protezione. Del resto, così facendo, sempre nell’ottica di prevenzione di cui sopra, si scongiura, o quantomeno si riducono le possibilità di dar vita a dei traumi psicologici nei confronti di coloro che oggi sono “minori”, ma che un domani saranno futuri genitori oltre che cittadini di questa società. Solo se quest’ultima, avrà agito prendendosi cura dei suoi membri, godrà di un riverbero positivo anche in termini di prevenzione di aggressività e violenza, che spesso sono solo la manifestazione ultima di un processo patologico originato da un trauma, il cui seme sovente lo si rinviene in una difficile situazione familiare pregressa. Ed è proprio nelle situazioni di crisi della famiglia che si rinviene il ruolo sociale e costituzionale della funzione difensiva di noi avvocati, al quale, in questa giornata contro la violenza sulle donne, rivolgo la mia riflessione.

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