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Caso Almasri: il governo libico chiese all’Italia la liberazione del generale. L’intervista all’avvocato Verni

Emergono nuovi dettagli sul caso del generale libico Njiiem Almasri. Il giurista Marco Valerio Verni invita alla prudenza: "Serve un quadro completo".

printDi :: 13 maggio 2025 23:47
Avv. Marco Valerio Verni sul caso Almasri

Avv. Marco Valerio Verni sul caso Almasri

(AGR) A pochi giorni dall’invio da parte del governo italiano di una memoria alla Corte Penale Internazionale sul caso del generale Njiiem Almasri – arrestato a Torino il 19 gennaio 2025 e rimpatriato dopo appena 48 ore – emergono nuovi elementi rilevanti. Tra questi, spicca la notizia secondo cui sarebbe stato lo stesso governo libico a chiedere formalmente all’Italia la liberazione del comandante.

Per comprendere meglio gli scenari possibili e i risvolti giuridici della vicenda, abbiamo intervistato l’avvocato Marco Valerio Verni, giurista esperto di diritto internazionale.

 
Secondo Verni, la memoria consegnata a mano da un rappresentante dell’ambasciata italiana in Olanda è stata classificata in parte come “confidenziale” e in parte come “segreta”, a conferma della delicatezza della questione. «Se venisse confermata la circostanza che tra le motivazioni del rilascio figura anche la lettera inviata dal governo libico – spiega Verni – si aprirebbero almeno due interpretazioni.

La prima: l’Italia ha agito per tutelare un interesse nazionale superiore, salvaguardando i rapporti con la Libia.

La seconda: un possibile cedimento a pressioni esterne, con tutte le perplessità del caso».

Il giurista sottolinea la necessità di attendere l’intero quadro prima di esprimere giudizi definitivi, anche alla luce del fatto che nella comunicazione del governo libico si farebbe riferimento a “obiettivi comuni” tra i due Paesi, oltre all’indicazione che Almasri sarebbe già sottoposto a procedimento penale in patria.

Ma quali sono questi “obiettivi comuni”? E qual è lo stato del procedimento giudiziario in Libia?

Verni evidenzia che, secondo lo Statuto di Roma, la Corte Penale Internazionale può comunque intervenire se ritiene che il procedimento nazionale sia inadeguato o solo di facciata, oppure se vi è il sospetto che sia stato avviato per sottrarre l’indagato alla giustizia internazionale.

La parola passa ora ai magistrati della Corte Penale Internazionale, che dovranno valutare le argomentazioni fornite dall’Italia. In caso di insoddisfazione rispetto alle giustificazioni fornite, il dossier potrebbe essere rinviato all’Assemblea degli Stati Parte o al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

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