Il mistero del lago di Nemi

Il 4 Aprile il Premio Sette Colli in Campidoglio

“Quella nave c’è, altro che mistero. - assicura Giuliano de Benedetti, l’architetto appassionato di storia ed archeologia - sta scritto nei documenti storici bisognava leggerli con più attenzione.
L'ingegnere militare bolognese Francesco De Marchi nel suo libro pubblicato nel 1599 riferisce che nel corso delle sue immersioni di aver visto e toccato l'imbarcazione. Era inclinata rispetto alla superficie e si trova esattamente sull’altro lato del lago rispetto a quelle recuperate nel 1929. Si tratta di una nave di dimensioni doppie rispetto alle altre due di circa 70 metri, infatti, lo stesso De Marchi scrive di averla misurata con sistemi empirici, assicurando ai due estremi delle boe galleggianti, sarebbe lunga 154 metri per 78 di larghezza, una sorta di moderna nave da crociera dove l’imperatore durante i riti sistemava la sua corte e gli invitati. Quella nave l’aveva vista prima di De Marchi anche Leon Battista Alberti nel 1460, che con alcuni nuotatori genovesi aveva raccolto prove e testimonianze della presenza del relitto. Le ricerche però si arenavano dinanzi alel grandi difficoltà di recuperare lo scafo immerso con i mezzi del tempo, nonostante pesanti argani e cime robuste i tentativi compiuti non riuscirono nemmeno a smuovere la barca dal fondale”.
Per 400 anni le navi di Nemi restano sul fondo, poi, nel 1895l’antiquario Eliseo Borghi impegnato in una serie di scavi nell'area del tempio di Diana, ascoltando i racconti dei contadini della zona avvia delle ricerche. Nel lago manda dei palombari e quelli trovano gli scafi. E’ la prima prova concreta dell’esistenza delle navi, due recuperate poi nel 1929.

“La terza nave – conclude De Benedetti – deve essere ancora sul fondo. Sono convinto. Negli anni i sub immersi ed i pescatori, con le loro reti, hanno rinvenuto e recuperato pezzi di fasciame, non sono certo pali di un porticciolo, come qualcuno aveva ipotizzato….”
