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Stefano Pezzola racconta l'amore di "Renoir l'astrofisico"

L'autore all'esordio, un ingegnere di Ostia, con la passione della matematica scopre il giovane Renoir che spezza il vincolo delle leggi fisiche rivendicando la libertà di inseguire l’amore, di coniugare scienza e cuore.

printDi :: 12 agosto 2021 10:39
Stefano Pezzola Renoir l'astrofisico

Stefano Pezzola Renoir l'astrofisico

(AGR) di Ginevra Amadio

È una narrativa di innesto quella di Stefano Pezzola. Un’originale ibridazione di temi scientifici e letterari, in cui le reti relazionali (siano esse tematiche, linguistiche, puramente suggestive) sollevano una visione del mondo, un bisogno di rivendicazione. Ingegnere con il ‘pallino’ della scrittura, l’autore ha pubblicato “Renoir l’astrofisico” grazie alla pratica del crowdfunding, trovando nella milanese bookabook la casa editrice ideale. L’opera, tenera e riflessiva, si pone nel solco di una prospettiva intimista, volto al recupero dello stupore e delle emozioni. A partire da una frattura, che ha radici ideologiche e sociali, il giovane Renoir spezza il vincolo delle leggi fisiche rivendicando la libertà di inseguire l’amore, di coniugare scienza e cuore. Impossibile, per il lettore, non uscirne scompigliato.

 
Partiamo dalla curiosità più immediata. Quando hai iniziato a scrivere, a pensarti narratore?

“La passione per la scrittura è esplosa molti anni fa, nel Duemila. L’occasione fu data da un concorso per cortometraggi, quando lavorai a un soggetto particolare, ambientato in un supermercato. Così è nato Renoir, un personaggio che affonda le radici in un contesto ormai lontano, e che ha seguito la sua strada. Quelle pagine di sceneggiatura, di lunghezza misurata, furono lette da amici che mi spronarono a continuare, intravedendo nella mia penna un qualche bagliore. Io, all’epoca, ero preso dalla mia attività di ingegnere ambientale per la costruzioni di ferrovie, sicché non proseguii, lasciando decantare la storia in un angolo – in attesa del suo momento”.

È questo il nucleo originario di “Renoir”?

“Esattamente. Questo piccolo racconto. Poi un giorno, probabilmente sospinto da qualche ‘forza invisibile’, un amico (Riccardo Di Prete, che includo nei ringraziamenti) mi ha posto una domanda: «Dato le tue conoscenze – sull’astrofisica, sulla sicurezza ambientale – perché non scrivi un libro?». È stata una folgorazione. Da quel momento ho messo mano a “Renoir”, partendo da quel personaggio che avevo lasciato nel cassetto. La storia era già ambientata in Francia, come è nel romanzo, e io non ho fatto altro che dargli corpo. Temporalmente parliamo del 2018, erano passati quasi vent’anni dalla prima stesura. Nel corso degli anni avevo accumulato sapere, nuove esperienze che potevo riversare nello scritto. E così è stato”.

Hai subito pensato alla forma romanzo?

“Sì, la narrativa è la mia ‘vocazione’. Volevo riprendere quel soggetto, ampliarlo e svilupparlo. Credo che la letteratura sia una porta d’accesso al nostro inconscio politico, sociale, ambientale. Trattare certi temi in chiave finzionale può avere un grande impatto. Nel romanzo faccio convergere i motivi dell’astrofisica, del rispetto della terra, delle energie rinnovabili. Renoir è l’uomo del cielo, del rinnovato stupore per la natura, per l’immensità che ci circonda. Ha però i piedi puntati a terra, grazie a Marcel, il personaggio del fotovoltaico, dell’energia eolica, del mondo che ha bisogno di interventi per salvaguardarsi. C’è poi l’agricoltura sostenibile, rappresentata dall’amico Julien e dalla sua fattoria. E ancora il dottor Ginobà, colui che predica la salute del corpo animico, dello spirito, per mezzo di una corretta alimentazione e di una solida gestione delle emozioni. Tra le tematiche affrontata fa capolino anche quella umanitaria, allorché un ‘nullatenente’ costretto a vivere in strada viene reintegrato nella comunità, divenendo apicoltore in Grecia (già angariata dalla finanza speculativa). Ecco, tutti questi motivi, questi valori, non vengono accolti in forma diretta. Le persone rifuggono, si spaventano. Occorreva una forma ‘altra’ per trattarle, cercare di dar vita a una storia che potesse unire i ‘puntini’ in forma leggera, con levità”.

La forma ideale per offrire un messaggio di speranza.

“Esatto. Le recensioni che ho ricevuto l’hanno sottolineato. L’ultimo capitolo reca con sé un buon sapore, c’è un ottimismo nel futuro di cui abbiamo bisogno”.

E il titolo, perché “Renoir l’astrofisico”? Ho l’impressione che sia un nome parlante, il punto di coagulazione tra arte e scienza.

“In realtà è nato per caso. Così come l’ambientazione, non so spiegare perché ho scelto la Francia. Già nel Duemila il personaggio era Renoir, senza alcuna spiegazione logica o razionale. Esistono delle vibrazioni, degli influssi ispiratori che arrivano da altre dimensioni, che parlano per immagini. Renoir e la Francia mi sono ‘apparsi’ così. Poi sono andato a Nantes, dove la storia si svolge. Ho preso l’aereo in estate, soggiornando qualche giorno per chiudere il libro. Volevo ripassare, rivedere i ‘miei’ luoghi. Ma l’ispirazione è arrivata da altri canali, impossibili da definire”.

Cosa puoi dirci riguardo all’ultimo passaggio, all’avventura editoriale?

“Al termine del romanzo arriva la parte più complessa: trovare un editore. Avere una risposta entro sei mesi è utopia, le case editrici sono sommerse di manoscritti. Io non avevo fretta, ma il già citato Riccardo mi parlò del crowdfunding e decisi di approfondire. Bookabook, il mio attuale editore, è tra quelli che specificano tempi e modalità di lettura. In apertura di testo troviamo scritto: «Il libro che hai tra le mani non è solo un’ottima lettura. È un libro che è stato scelto con cura, due volte. La prima dai nostri editor, che danno un giudizio professionale sulla qualità dell’opera; la seconda dai lettori». Funziona così: l’editor valuta il testo, ma il lettore è parte attiva. Sceglie se leggere il libro, sostenerlo, pre-ordinarlo. È come se lo ‘votasse’, garantendo di fatto il suo interesse. Una volta scelto, il testo riceve la giusta cura. Prima di essere apprezzato dai lettori il mio “Renoir” non esisteva, se non in pdf. Poi è divenuto ‘reale’, un oggetto di gran pregio, con una bella copertina e un’ottima impaginazione”.

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