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Il tatoo alla Biennale di Venezia

print24 maggio 2018 15:00
Il tatoo alla Biennale di Venezia
(AGR) L’invito per l’artista Marco Manzo, il cui nome viene principalmente associato al tatuaggio, èarrivato dai curatori del Padiglione Guatemala presente alla 16. Biennale di Venezia, Architettura: Daniele Radini Tedeschi e Stefania Pieralice.Grande curiosità ed interesse desta la presenza di Manzo, già celebre per avere creato matrimoni tra il tatuaggio e l’alta moda, la scultura, i motori, l’architettura e il design.Una delle sue più recenti installazioni, BACK MUSIC, realizzata in fusion con Max Gazzè ed Alessandro di Cola ha avuto un’interazione di pubblico di 2.000.000 di visitatori.Yvonne Farrell e Shelley McNamara, curatrici generali della 16. Mostra Internazionale di Architettura, che si svolgerà dal 26 maggio al 25 novembre 2018 ai Giardini e all’Arsenale e in vari luoghi di Venezia, tra cui il Palazzo Albrizzi Capello che accoglie il Padiglione Guatemala, hanno improntato il filo conduttore dell’intera rassegna sul tema Freespaceche rappresenta “la generosità e il senso di umanità che l’architettura colloca al centro della propria agenda, concentrando l’attenzione sulla qualità stessa dello spazio”, come descritto dalle curatrici sul sito ufficiale della manifestazione www.labiennale.org.

Marco Manzo si presenta alla 16 Biennale di Architettura 2018 come artista a tutto tondo ossia tatuatore, designer, progettista. Egli sarà autore di una installazione ambientale che abbracceràlampade, strutture architettoniche, oggetti di design laddove il tatuaggio applicato a materia dure come bronzo e alluminio (persino alle ossa umane) coincide con la volontà dell'artista di eternare il segno dell'effimero epidermico all'imperituro della materia resistente.

Gli spettatori potranno ammirare come l’arte del tatuaggio e della scultura diverranno funzionali al design, uniti insieme in un percorso simbiotico che valorizzi tutte le discipline, portandole parimenti allo stesso livello concettuale di unicitàe irriproducibilità, requisiti questi ultimi propri delle arti cosiddette “maggiori”. All’interno del Padiglione Guatemala la mostra saràdedicata a quelle tracce tutte riconducibili ad una orma primordiale. Se il tema generale della Biennale Freespace, è“spazio di opportunità, uno spazio democratico, non programmato e libero per utilizzi non ancora definiti capace di legare “l’arcaico e il contemporaneo”, il padiglione Guatemala indaga questo spazio con modellini e plastici evocanti quel simbolo di utopia e incompiutezza lessicale.

PERCORSO ESPOSITIVO

Nel percorso espositivo spicca l’esatta riproduzione fotografica del Tempio delle Maschere di Tikal -antica piramide costruita dai Maya in Guatemala- città in cui nessuna regola aurea, nessun piano urbanistico presiedeva l’ordinamento degli edifici se non quello spirito comunitario religioso che dava origine a una successione di giganteschi altari. A tal proposito anche il movimento euritmico viene indagato con installazioni ambientali dedicate al significato del moto del corpo nello spazio, un corpo che diviene struttura, inciso da segni ornamentali e tribali, decorazioni e ancora codici che rendono l’uomo esso stesso totem.

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