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Bandiere italiane: Reato o semplice trascuratezza?

La sottile linea di confine tra la potenziale commissione di un reato e la trascuratezza per inerzia di chi le espone, e l’esempio Statunitense.

printDi :: 18 gennaio 2022 16:43
Cav. Abg. Dott.ssa Ivana Sicurelli

Cav. Abg. Dott.ssa Ivana Sicurelli

(AGR) Bandiere italiane: Reato o semplice trascuratezza?

Cav. Abg. Dott.ssa Ivana Sicurelli

 
Tralasciando le origini storiche del nostro tricolore a tutti ben note, la bandiera italiana rappresenta quel potente veicolo di emozioni che suscita un sentimento di comune appartenenza e che ci fa sentire a casa anche quando ne siamo lontani. Sono molti infatti quei cittadini italiani residenti in Paesi esteri, come ad esempio quelli negli Stati Uniti d’America, per i quali basta soltanto rivedere i tre colori che ci appartengono - come ritenevano il Carducci e il Pascoli, il verde a richiamare i prati e la macchia mediterranea, il bianco le nevi e il rosso un omaggio ai soldati morti nel corso nelle diverse guerre che hanno coinvolto il Paese - anche semplicemente su una confezione di pasta o nell’insegna di un ristorante, per lasciarsi travolgere dalle emozioni e sentirsi, in un attimo, come tornati nella bella terra natia. Vero é anche, che negli USA in particolare, la manifestazione dell’attaccamento alla bandiera é una consolidazione palesata pure dalla frequentissima esposizione che gli americani fanno della stessa, presente pressoché, oltre che nei palazzi istituzionali, in ogni casa, giardino, ufficio, location dedita allo svago e quant’altro, che certamente coinvolge ed influenza positivamente in tal senso chi vive in quel territorio anche se non americano. Tale influenza, non lascia indifferenti neanche i nostri concittadini che lí risiedono, nei quali anzi, oserei dire, che il sentimento nei confronti dell’Italia si rafforza e si manifesta molto più rispetto a noi che ci viviamo. Sarà di fatto facili riconoscere anche oltre oceano la presenza di un italiano, sottolineata dall’esposizione della nostra bandiera a fianco a quella americana nel giardino di casa o innanzi ad una attività commerciale.

Questo mostrarne pubblicamente l’attaccamento, innato negli americani, oltre che rappresentare lo spirito patriottico e di appartenenza di un popolo, è anche chiaramente una forma di rispetto in tutto ciò che essa rappresenta e che dovrebbe essere colto come esempio certamente da seguire pure dagli altri Paesi. Difficile, se non impossibile, vedere esposte negli States bandiere dall’aspetto trascurato, indecoroso o poco imponente. Anche se l’Italia è ben lontana dallo stile americano, non mancano tuttavia occasioni in cui la nostra popolazione esprime il proprio sentimento di solidarietà e fratellanza attraverso il simbolico tricolore italiano, si pensi all’esposizione delle bandiere nei davanzali di casa degli italiani nel periodo di inizio pandemia da Covid-19 o dopo una vittoriosa partita della nazionale di calcio. 

Tuttavia, a marcare la distanza dall’esempio americano, accade spesso che nel Vecchio Stivale persino le stesse istituzioni finiscono talvolta col manifestare trascuratezza nella cura del tricolore, seppur, sia la nostra Costituzione, sia le norme penali ne scandiscano l’importanza e ne prevedano la tutela giuridica, erigendola a simbolo dell’Italia nel mondo e ad elemento che contraddistingue la nazione in ogni campo, da quello artistico a quello sportivo. La legge italiana, infatti, nel disciplinare espressamente le modalità di esposizione del tricolore, riconosce, e da esso la tutela attraverso una severa pena, il reato di vilipendio, cui reo é considerato in semplici parole chi la ingiuria, la distrugge o la deteriora. 

Nonostante quanto appena detto, purtroppo oggi si vedono troppe volte esposte a sventolare in luoghi che rappresentano le istituzioni, come scuole o palazzi comunali, bandiere strappate o visibilmente trascurate. Ed é lì che va posto il grande interrogativo o quanto meno uno spunto di riflessione, ovvero, se in quei casi, si debba trattare di semplice trascuratezza oppure potrebbe considerarsi, seppur non intenzionalmente e nell’ottica di una auspicata integrazione estensiva della norma, l’ipotesi di un reato.

Il confine é davvero sottile! Lasciando ad altra sede più opportuna la eventuale trattazione del caso, non rimane al momento che affidarsi al mero buonsenso e spirito patriottico di chi di quei palazzi istituzionali deve avere cura e ne ha rappresentazione.

Cav. Abg. Dott.ssa Ivana Sicurelli

Nata ad Agrigento il 29 maggio 1976 e domiciliata a Roma. Laureata in Economia e Commercio presso l’Università La Sapienza e laureata anche in Giurisprudenza. Giornalista pubblicista con consolidata esperienza.

-Da anni lavora come esperta/consulente per la Presidenza del Consiglio dei Ministri e per altre pubbliche amministrazioni.

-E’ coautrice del volume XLI del trattato di diritto amministrativo di G.Santaniello,                                                       

intitolato “Le Autorità Amministrative Indipendenti”, unitamente a personalità di spicco dell’economia e della giurisprudenza italiana, fra i quali: Antonio Catricalà, Corrado Calabrò, Luigi Gianpaolino, G.Paolo Cirillo, Raffaele D’Ambrosio, Giuseppe Santaniello.(Casa editrice CEDAM, novembre 2010).

-Ha ricevuto una Laurea Honoris causa in Scienze della Difesa e della Sicurezza, rilasciata dall’Ente di Studi Internazionali I.I.D.S.S.;

-Destinataria del Premio Nazionale Sipario d’Oro 2018 per l’impegno a difesa dei diritti dei cittadini italiani residenti all’estero e contro la violenza di ogni genere.

-Destinataria altresì del Certificato di riconoscimento da parte della “International Human Rights    Commission” per l’aiuto nel proteggere le persone meno privilegiate durante la pandemia da Covid-19.

-Insignita del titolo di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana per il suo impegno in ambito sociale, a difesa dei diritti dei minori e contro la violenza sulle donne.

-Impegnata nella difesa dei diritti dei cittadini italiani residenti all’estero.

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