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Vendite al dettaglio in caduta libera a marzo: -0,5% su febbraio, -2,8% su base annua

Secondo l’Istat, crollano le vendite alimentari e non alimentari. Dona (UNC): “È una dieta forzata, gli italiani mangiano lo 0,9% in meno. Nessun dato positivo, è un crac dei consumi”

printDi :: 07 maggio 2025 11:03
Vendite al dettaglio in caduta libera a marzo: -0,5% su febbraio, -2,8% su base annua

(AGR) Roma, 7 maggio 2025 – Le famiglie italiane stringono ancora la cinghia. Secondo i dati diffusi oggi dall’Istat, a marzo 2025 le vendite al dettaglio registrano una flessione dello 0,5% su base mensile e del 2,8% rispetto a marzo 2024, segnando un ulteriore peggioramento del quadro economico e dei consumi interni.

La contrazione riguarda sia il valore che il volume delle vendite, senza eccezioni. Il comparto alimentare crolla dello 0,9% rispetto a febbraio, segnale di un taglio drastico alla spesa obbligata per eccellenza: il cibo.

 
“In un solo mese, rispetto a febbraio, gli italiani fanno una cura dimagrante da 7 chili in 7 giorni, mangiando in quantità lo 0,9% in meno di cibo. Una dieta a dir poco pericolosa che indica la difficoltà delle famiglie di arrivare a fine mese, visto che riducono la spesa obbligata per eccellenza, visto che tutti abbiamo la pessima abitudine di mangiare”, ha commentato Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori (UNC).

La Pasqua caduta in aprile può in parte giustificare il calo tendenziale delle vendite alimentari, ma non spiega il crollo mensile e soprattutto non giustifica la caduta delle vendite non alimentari, anch’esse in netto calo.

Vendite al dettaglio in caduta libera a marzo: -0,5% su febbraio, -2,8% su base annua

Vendite al dettaglio in caduta libera a marzo: -0,5% su febbraio, -2,8% su base annua

“Dati disastrosi! Di male in peggio! Non si salva nessuno. Non c'è un solo dato positivo, né congiunturale né tendenziale, né in valore né in volume. È un crac dei consumi”, ha aggiunto Dona.

L’allarme lanciato dall’UNC evidenzia come la crisi del potere d’acquisto si stia trasferendo direttamente sui consumi, colpendo anche i beni primari. Il rischio, sempre più concreto, è che la riduzione della spesa delle famiglie si trasformi in una recessione della domanda interna, alimentando una spirale negativa difficile da invertire.

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