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Pandemia, caccia all'untore

Le responsabilità Cinesi

printDi :: 09 maggio 2020 11:03
Pandemia, caccia all'untore

Pandemia, caccia all'untore

(AGR) (AGR) ROMA (R.B.) - Già dai primi giorni seguiti al dilagare della pandemia, furono in molti ad indicare nella Cina il paese d’origine del corona-virus. Era una navigazione a vista, non basata su prove concrete ma sul dato di fatto che il primo paese dove s’era diffuso era la Cina.

Ai tantissimi indici che, nemmeno tanto sommessamente, venivano puntati contro di lei, l’amministrazion Cinese aveva opposto un silenzio piuttosto irritante, visto il gran numero di morti che la pandemia andava mietendo in tutto il mondo, che ai più era apparsa come una conferma delle accuse che le venivano mosse.

 
Nelle tante opinioni pubbliche, l’atteggiamento, obiettivamente indisponente, del Governo Cinese, era apparso come un chiaro segno di arroganza, se non proprio di mancanza di rispetto. Di conseguenza, quelle che inizialmente erano ipotesi e congetture sull’origine del virus solo andate rafforzandosi, fino a diventare certezze.     

Allo stato attuale, appare certo molto difficile scardinare dalle menti di milioni di cittadini la convinzione che il silenzio delle Autorità Cinesi sia mantenuto in attesa che il clamore suscitato dalla pandemia si spenga del tutto, fino a quando, spuntato il vaccino o sparito miracolosamente il virus, tutto tornerà come prima e tanti saluti alla trasparenza.

L’Amministrazione Cinese commetterebbe un errore grossolano se pensasse che coloro che hanno subito il corona-virus in termini di dipartite di persone care e amici, oppure che hanno dovuto restare in terapia intensiva per settimane o, ancora, hanno dovuto interrompere i propri studi, la propria attività o, infine, sono rimasti bloccati dentro casa fino a nuovo ordine, in una sorta di arresti domiciliari, dimenticheranno questa orribile esperienza capitata loro tra capo e collo, magari dietro lauto compenso.

Se la Cina appare per certo il paese di provenienza del virus, sul come e quando il virus abbia avuto origine e chi o cosa l’abbia generato, a tutt’oggi se ne sa veramente poco, anche perché, secondo i servizi segreti di vari paesi, sembrerebbe che i cinesi ‘hanno eliminato prove, silenziato testimoni scomodi e non hanno fornito elementi utili per realizzare il vaccino’. Mentre. viene scartata l’ipotesi più terrificante – il virus sarebbe stato creato dall’uomo per essere impiegato in una eventuale guerra batteriologica - quella, molto più plausibile, che vedrebbe il virus frutto di un errore di laboratorio, prende sempre più consistenza.                                                                                                                               

 Accertata l’origine del virus, restano da scoprire, chiarire e definire, una volta per tutte, le responsabilità e i motivi del silenzio cinese. Se si abbraccia l’ipotesi che il virus sia frutto di un errore umano, si deve poi cercare di chiarire il quando, punto sul quale a tutt’oggi non è possibile dire una parola definitiva. Vista la incomprensibile reticenza del governo cinese a comunicate dati. Ci sono delle congetture, chiamiamole così, che indicherebbero addirittura nel settembre 2019 la presenza del virus. In Italia, il primo paese, dopo la Cina, cui è piovuto addosso il corona virus, i primi contagi di cui si ha notizia si sono avuti nel gennaio di quest’anno, ma già a dicembre dello scorso anno, i medici di famiglia dell’area bergamasca e bresciana segnalavano un aumento insolito delle morti per polmoniti o sindromi influenzali rispetto agli anni precedenti. Pazienti deceduti in quel periodo, sottoposti ad autopsia, sono risultati positivi al corona-virus. Ciò vuol dire che il virus era presente in Italia, e probabilmente anche in altri paesi, almeno qualche mese prima del suo riconoscimento ufficiale. In sintesi: la data comunicata da Pechino, fine gennaio 2020, potrebbe essere posteriore a quella in cui è scoppiata la pandemia. Ci si chiede perché l’amministrazione cinese avrebbe scelto il silenzio invece di comunicare al momento giusto, cioè almeno un paio di mesi prima, che in Cina era in corso la pandemia e per favore aiutateci. La tempestività della comunicazione avrebbe consentito di salvare migliaia di vite umane in tutto il mondo.   

  A questo punto, rimangono da definire le responsabilità, i livelli di responsabilità. Posto, ancora, che si ritenga fondata l’ipotesi dell’errore umano, piuttosto che quella del mercato e dei pipistrelli (cioè della trasmissione del virus da animale a uomo), cinque possono essere gli ambienti dove si intravedono responsabilità: il laboratorio, le strutture locali e centrali del partito comunista cinese e del governo.                                                                                                                            Il laboratorio di Wuhan ha la grave responsabilità di avere commesso l’errore che ha consentito la diffusione del virus. Se a questo si aggiunge un sempre possibile ritardo nel comunicare quanto avvenuto, l’errore diventa ancora più grave. Discorso diverso va fatto per quanto riguarda il partito comunista locale: se, come sembra, in quel paese il partito regna sovrano (una specie di partito-stato) controllando e gestendo tutto ciò che sia possibile controllare e gestire, significa che nel laboratorio di Wuhan la presenza di ‘referenti’ di partito sia tuttora più che probabile, di conseguenza anche costoro hanno il loro carico di responsabilità, coprendo fino a che è stato possibile coloro che, giocando al ‘piccolo chimico’ hanno provocato il disastro, limitandosi poi, tanto per salvare le apparenze, ad una scarna comunicazione al referente di grado superiore, nella quale veniva segnalato l’incidente.                                                                                                               Salendo la scala gerarchica, andando magari ai piani alti del partito e dell’amministrazione centrale, è possibile che entrambi, alti membri del partito e del governo, una volta resisi conto della gravità dell’incidente, abbiano deciso per il ‘finché la barca va, lasciala andare’, salvo poi non riuscire più a prendere in mano la situazione. Potrebbe essere andata così.                                                                                                                                          

In mancanza di prove inconfutabili e di date certe, ci si deve per forza arrangiare con ipotesi e congetture. Ciò che invece emergerà saranno le loro azioni irresponsabili, delle quali dovranno rispondere. Non dovranno essere né barriere o dogmi ideologici o finanziari a impedire identificazione e giusta punizione di chi, invece di avvisare il mondo di quanto stava accadendo, ha scelto il silenzio più vergognoso pensando che di lì a poco tutto sarebbe finito nel dimenticatoio.       È una scelta sbagliata, quella del silenzio, che offusca l’immagine della Cina agli occhi del mondo. Soprattutto in campo economico e finanziario.                                                                                                                                                 

Forse, punire le responsabilità non servirà a far resuscitare coloro che sono morti per corona-virus, ma potrebbe aiutare a spazzare via stress mentali generalizzati e ritrovare equilibri perduti e fiducia nel futuro.                                                   Sulla questione delle responsabilità, mentre ci sono forti prese di posizione da parte delle più importanti amministrazioni, non risulterebbero iniziative da parte italiana, sebbene il nostro paese abbia pagato e stia pagando tanto, in termini di morti e di pesantissimi danni alle attività produttive.                                                                                                                                                                                                                                            R. BERGAMI

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